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Gnatologia

Gnatologia, Bruxismo e Apnee ostruttive durante il sonno

La gnatologia è la branca dell’odontostomatologia che si interessa dello studio dei rapporti dinamici
tra mascellari, denti, articolazioni temporomandibolari, muscoli che muovono la mandibola e
sistema nervoso che comanda gli stessi e la lingua. Nell’interazione di tutte queste strutture è
possibile l’insorgenza di quadri clinici che a volte si manifestano con una minore frequenza a
differenza di altri che hanno, invece, una maggiore prevalenza (dolore orofacciale, disordini
temporomandibolari, parafunzioni durante la veglia, bruxismo, apnee ostruttive durante il sonno e
russamento).
Disordini temporomandibolari
Costituiscono un insieme di condizioni dolorose e/o disfunzionali di natura infiammatoria o
degenerativa che interessano le articolazioni temporomandibolari, la muscolatura masticatoria e le
strutture che con esse contraggono rapporti anatomo-funzionali.
I segni e sintomi più frequenti sono dolore, movimenti mandibolari alterati e limitati, rumori
articolari. In alcuni casi, la comparsa è acuta, con sintomi moderati che spesso evolvono
positivamente in modo spontaneo. In altri, si sviluppa una condizione cronica, con dolore
persistente e sintomi fisici, comportamentali, psicologici e psicosociali simili a quelli dei pazienti
con dolori cronici di altri distretti corporei.
Le condizioni più frequenti che si presentano all’osservazione del clinico sono il dolore miofasciale,
la dislocazione discale riducibile, la dislocazione discale non riducibile, l’artrosi.
L’eziologia dei disordini temporomandibolari è biopsicosociale.
Ai fini diagnostici, i criteri più diffusi a livello internazionale sono quelli che fanno riferimento a:
-The International Association for the Study of Pain (IASP);
-The International Headache Society (IHS) (The International Headache Classification [ICHD-II];
-The American Academy of Orofacial Pain (OFP);
-The Research Diagnostic Criteria for Temporomandibular Disorders (RDC/TMD).
Per la diagnosi, sono di fondamentale importanza l’anamnesi e l’esame clinico.
Di fondamentale importanza è la verifica della funzionalità occlusale tramite il rilievo delle guide
occlusali in lateralità e protrusiva ed il rilievo di eventuali interferenze. Importante è la verifica
della funzione della mobilità mandibolare con l’osservazione del tragitto di apertura e chiusura e la
misurazione della capacità di apertura. Vanno, inoltre, rilevate eventuali alterazioni, sempre durante
i movimenti mandibolari, del rapporto condilo-meniscale. Infine, si richiede un’attenta palpazione
ed osservazione della morfologia dei muscoli masticatori.
In sede diagnostica, è importante escludere altre causa di alterazioni del movimento e delle funzioni
oro mandibolari quali le patologie dentali (carie, malattie parodontali), i tumori (mascellari,
intracranici, della base del cranio), le malattie di altre strutture facciali (incluse le ghiandole
salivari), le cefalee primarie e secondarie, le neuropatie trigeminali e le malattie sistemiche (arterite
temporale, artrite reumatoide e altre connetivopatie, altre patologie autoimmuni, diabete). In
considerazione della varietà di patologie che possono dare la stessa sintomatologia, e’ chiaro come
l’esame obiettivo debba comprendere, oltre a un esame accurato dell’apparato stomatognatico, anche
un esame del collo e delle emergenze dei nervi cranici. L’anamnesi, oltre a essere particolarmente
accurata nei confronti del sintomo dolore, soprattutto nel caso di condizioni croniche, deve prendere
in considerazioni anche aspetti psicosociali.
Eventuali ulteriori esami vengono effettuati a seconda del sospetto diagnostico formulato sulla base
dei dati ricavati da anamnesi ed esame obiettivo.
L’ortopantomografia è lo strumento di base e di screening più utile. Approfondimenti diagnostici
per i tessuti duri sono possibili con TC (Tomografia Computerizzata anche “Cone Beam”); altre
radiografie dell’ATM semplici sono da ritenersi, ormai, obsolete. Scintigrafie ossee sono riservate
ad anomalie di crescita o di sviluppo. La RM permette la visualizzazione del disco articolare, dei
fluidi intrarticolari e della vascolarizzazione del condilo ed, in generale, dei tessuti molli articolari e
periarticolari.
In ogni caso, gli approfondimenti diagnostici devono essere prescritti a giudizio del clinico e sono
da effettuarsi solo nel caso in cui l’esito degli stessi possa comportare modifiche nell’approccio
terapeutico.
In merito alla terapia, i dati provenienti dalla letteratura scientifica propendono, nella maggior parte
dei casi di disordini temporomandibolari, per un approccio conservativo, reversibile, non-invasivo,
non-chirurgico. In particolare:“counseling” – informazione, rassicurazione, diminuzione delle
richieste funzionali (controllo delle parafunzioni), terapie fisiche e fisioterapia, farmaci
(antinfiammatori non-steroidei, miorilassanti, antidepressivi triciclici per brevi periodi), dispositivi
intraorali (placche occlusali: non esiste un disegno di placca che si sia dimostrato chiaramente
superiore ad altri; è sempre consigliabile una costruzione individuale accompagnata da istruzioni
personalizzate e seguita da attento monitoraggio).
Di contro, le terapie invasive/chirurgiche vanno riservate alle alterazioni strutturali non reversibili e
sintomatiche delle articolazioni temporomandibolari che non rispondono alle terapie conservative.
Si può ricorrere all’artrocentesi (o eventualmente artroscopia) fino a far uso della chirurgia
(procedure a cielo aperto–artrotomia) in caso di insuccesso. Ciò non avviene frequentemente e le
condizioni cliniche di partenza in cui più spesso può essere necessario effettuare terapie
invasive/chirurgiche sono la dislocazione discale non riducibile e l’artrosi.
Nonostante i fattori eziologici dei vari disordini temporomandibolari non siano ancora
completamente chiariti, non vi sono correnti evidenze che malocclusioni, perdita di denti,
interferenze occlusali causino in maniera diretta disordini temporomandibolari.
In caso di disordine temporomandibolare associato a necessità, per altri motivi, di una terapia
protesica o ortodontica, è opportuno che il trattamento terapeutico sia, per prima cosa, volto alla
risoluzione dei sintomi del disordine temporomandibolare con mezzi reversibili; infatti, nel caso di
riabilitazioni protesiche, è opportuno l’utilizzo, per un periodo di tempo congruo fino al
raggiungimento della stabilità occlusale e sintomatologica, di elementi protesici in resina.
E’consigliato l’invio presso ambiti specialistici multidisciplinari dei pazienti affetti da condizioni
dolorose croniche, indipendentemente dalla origine delle stesse.
In presenza di dislocazione discale non riducibile acuta e lussazione articolare acuta, è necessario
effettuare manovre di sblocco inviando in urgenza il paziente a personale esperto in caso di
insuccesso.
– In sede diagnostica di disordini tempromandiboalri è importante escludere altre cause
di dolore orofacciale o di alterazioni del movimento e delle funzioni oro mandibolari.
– La grande maggioranza dei disordini temporomandibolari può essere trattata con
terapia conservativa, reversibile, non-invasiva, non-chirurgica.
– Per le alterazioni strutturali non reversibili e sintomatiche delle ATM che non
rispondono alle terapie conservative possono essere valutate terapie
invasive/chirurgiche.
– Quando si è in presenza di disfunzione dell’ATM associata ad altre patologie del cavo
orale che richiedono un trattamento protesico e/o ortodontico è opportuno la
risoluzione prioritaria del disordine temporomandibolare.
Bibliografia
Carlsson GE. Critical review of some dogmas in prosthodontics. J Prosthodont Res. 2009 Jan;53(1):3-10.
de Leeuw R (Editor). The American Academy of Orofacial Pain. Orofacial Pain: Guidelines for Assessment, Diagnosis,
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Dworkin SF, LeResche L. Research diagnostic criteria for temporomandibular disorders: review, criteria, examinations
and specifications, critique. J Craniomandib Disord. 1992 Fall;6(4):301-55.
Gonzalez YM, Greene CS, Mohl ND. Technological devices in the diagnosis of temporomandibular disorders. Oral
Maxillofac Surg Clin North Am. 2008 May;20(2):211-20, vi.
Guo C, Shi Z, Revington P. Arthrocentesis and lavage for treating temporomandibular joint disorders. Cochrane
Database of Systematic Reviews 2009, Issue 4.
Headache Classification Subcommittee of the International Headache Society (IHS). The International Classification of
Headache Disorders, 2nd Edition, 1st revision (ICHD-IIR1). Cephalalgia 2004; 24 suppl 1: 1-160 (1st revision:
Cephalalgia 2005; 25: 460-465).
Klasser GD, Greene CS. Oral appliances in the management of temporomandibular disorders. Oral Surg Oral Med
Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2009 Feb;107(2):212-23.
Lund JP, Widmer CG, Feine JS. Validity of diagnostic and monitoring tests used for temporomandibular disorders. J
Dent Res 1995;74:1133-1143.
Scrivani SJ, Keith DA, Kaban LB. Temporomandibular Disorders. N Engl J Med 2008;359:2693-705.
Dolore orofacciale
Il dolore orofacciale oltre che dentale può essere causato da varie condizioni che possono riguardare
strutture localizzate o distanti dal cavo orale e di origine muscolo scheletrica, neurologica e
vascolare.
Secondo quanto riportato in un recente studio “la salute orale ha molta più importanza della salute
dei denti, ma potrebbe essere alla base di situazioni croniche di dolore orofacciale”.
Il dolore nella regione orale e facciale ha un impatto molto significativo di tipo bio psico sociale
con un’incidenza nella popolazione generale, secondo tutti gli studi recenti, intorno allo 17-26%; il
7-11% presenta una sintomatologia algica con andamento cronico.
In merito all’eziologia, il dolore orofacciale può essere causato da varie condizioni che colpiscono
numerose strutture limitrofe o distanti dalla cavità orale.
Le zone interessate sono:
-apparato muscolo ligamentoso/tessuti molli (dolore all’ATM, artromioalgia facciale,
dolore mio fasciale, dolore facciale atipico/
dolore orofacciale idiopatico, patologie
delle ghiandole salivari, neurite del nervo
ottico, degenerazione interna dell’ATM,
bruciore della bocca, candidosi, tumori
maligni, patologie dei seni, del nasofaringe,
del sistema nervoso centrale);
-apparato dento-alveolare (patologie della dentina, del parodonto, sinusite
mascellare, problemi di sensibilità termica,
odontalgia atipica)
-apparato neurologico/vascolare (neuralgia trigeminale, neuralgia glossofaringea
compressione del nervo, cefalea ricorrente,
neuralgia post erpetica, artrite craniale, neuralgia
pre-trigeminale, cefalea neuralgiforme di breve
durata, sindrome di Ramsay Hunt, Tolosa Hunt
syndrome).
La diagnosi differenziale richiede conoscenza, esperienza e abilità ad ascoltare il paziente.
Per la valutazione del dolore sono importanti la cronologia, l’intensità, la localizzazione, la durata,
la qualità, la frequenza, i fattori precipitananti e quelli che creano sollievo, segni e sintomi associati.
I fattori di rischio del dolore orofacciale cronico sono dolore diffuso, sesso femminile, età e fattori,
psicologici.
Bibliografia
Renton T, Durham J, Aggarwal VR. The classification and differential diagnosis of orofacial pain. Expert Rev.
Neurother. 2012;12(5), 569–76.
Zakrzewska JM. Facial pain: neurological and non-neurological. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2002 Jun;72 Suppl
2:ii27-ii32.
Parafunzioni
Le parafunzioni durante la veglia sono disturbi di larga prevalenza nella popolazione generale. Il
loro riconoscimento è demandato alla indagine clinica, soprattutto anamnestica (possibilmente
confermata da terzi). La diagnosi è importante ai fini della gestione dei disturbi temporomandibolari
e per evitare complicazioni in caso di terapie protesiche (soprattutto in presenza di impianti o in
pazienti con parodontiti) o ortodontiche.
Vengono gestiti con interventi di tipo conservativo e comportamentale (educazione del paziente e
razionale della terapia comportamentale, introduzione al ruolo dello stress e degli stati psicologici
negativi come potenziali fattori nell’esacerbazione e nel mantenimento del dolore dei disordini
temporomandibolari, monitoraggio da parte del paziente dei segni e dei sintomi in particolare
individuando dei comportamenti parafunzionali, sviluppo di un piano personale di gestione).
Bibliografia
Carlsson GE, Egermark I, Magnusson T. Predictors of Bruxism, other oral parafunctions, and tooth wear over a 20-
year follow-up period. J Orofacial Pain 2003;17:50-57.
Koyano K, Tsukiyama Y, Ichiki R, Kuwata T. Assessment of bruxism in the clinic. J Oral Rehabil. 2008 Jul;35(7):495-
508.
Bruxismo
Il bruxismo durante il sonno è un disturbo del movimento legato al sonno (classificazione ICSD-2:
international Classification of Sleep Disorders – versione 2), caratterizzato dal non compromettere il
sonno stesso.
La raccolta di segni e sintomi con una conferma da parte dei familiari è la metodica per arrivare ad
una diagnosi clinica. La diagnosi differenziale principale è nei confronti di altre cause di perdita di
sostanza dentale, per esempio l’erosione, che può anche essere presente contemporaneamente.
Ai fini terapeutici, risulta essenziale diagnosticare le forme essenziali, più diffuse, da quelle
secondarie (da farmaci, da sostanze voluttuarie).
Compito dell’odontoiatra è quello di prevenire il danno dentale e ridurre il disagio per i familiari
conviventi con placche occlusali.
In merito alla forma e disegno di una placca non esistono indicazioni di sorta circa la superiorità
dell’una o dell’altra anche se è più opportuno ricorrere a quelle personalizzate sui modelli del
singolo paziente e dotate di un’adeguata robustezza.
– L’utilizzo di placche occlusali non elimina il bruxismo.
– In caso di apnee ostruttive durante il sonno (OSA), deve essere posta particolare
cautela nell’utilizzo di placche occlusali .
Bibliografia
Huynh NT, Rompré PH, Montplaisir JY, Manzini C, Okura K, Lavigne GJ. Comparison of various treatments for sleep
bruxism using determinants of number needed to treat and effect size. Int J Prosthodont. 2006 Sep-Oct;19(5):435-41.
Lavigne GJ, Manzini C, Kato T. Sleep Bruxism. In: Kryger MH, Roth T, Dement C (eds). Principle and practive of sleep
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Macedo CR, Silva AB, Machado MAC, Saconato H, Prado GF. Occlusal splints for treating sleep bruxism (tooth
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Rompré PH, Daigle-Landry D, Guitard F, Montplaisir JY, Lavigne GJ. Identification of a sleep bruxism subgroup with
a higher risk of pain. J Dent Res (2007) vol. 86 (9) pp. 837-42.
Apnee ostruttive durante il sonno
Le apnee ostruttive durante il sonno (OSA – Obstructive Sleep Apnoea) sono una delle cinque
categorie maggiori di disturbi respiratori che possono verificarsi durante il sonno (classificazione
ICSD-2).
Sono caratterizzate dal ripetuto collassamento, completo (apnea) o parziale (ipopnea), del flusso
aereo e si manifestano, clinicamente, con sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performace diurne
e russamento notturno.
Sul piano fisiopatologico l’OSA è caratterizzata dalla comparsa, durante il sonno, di episodi ripetuti
di ostruzione parziale o completa delle prime vie aeree associati a fasiche desaturazioni di ossigeno
dell’emoglobina arteriosa.
In caso di sospetto di OSA l’esame strumentale gold standard è rappresentato dalla polisonnografia
che permette di quantificare gli episodi di apnea o blocco completo e ipopnea o riduzione parziale
del flusso aereo (AHI ApneaHypopnea Index).
E’ buona norma che l’OSA venga affrontata con un approccio multidisciplinare (neurologo,
pneumologo, otorinolaringoiatra, internista, chirurgo maxillo facciale e odontoiatra).
L’odontoiatra può effettuare uno screening dell’OSA mediante l’utilizzo di questionari come il
“Questionario di Berlino” o lo “Stop BANG”; deve, inoltre, riconoscere fattori predisponenti quali
la micrognazia, la retrognazia e la contrazione del diametro trasverso dell’arcata superiore e
valutare, in presenza di indicazione, la possibilità di utilizzo dell’uso di dispositivi orali ove le
condizioni della bocca lo consentano (numero di denti presenti in arcata, condizioni parodontali).
In caso di OSA, si ricorre a strumenti capaci di ripristinare la pervietà del cavo orale: un esempio è
la CPAP (Continuous Positive Airways Pressure) che prevede l’uso di un minicompressore
collegato ad una maschera facciale che il paziente deve indossare nel corso della notte e che
permette la risoluzione meccanica dell’ostruzione delle prime vie aeree durante il sonno.
I dispositivi orali trovano indicazione in caso di russamento e di apnea da lieve a moderata (AHI<
30), in particolare se posizionale (più evidente o prevalente in posizione supina), e nel caso di apnea
conclamata o grave, se il paziente rifiuta o non tollera la CPAP.
Costruiti su modelli individuali, questi dispositivi mantengono la mandibola e la lingua in avanti
creando così più spazio nella parte posteriore della bocca sì da evitare l’ostruzione delle vie aeree.
In alcuni casi esiste anche l’indicazione alla trattamento chirurgico, quale
l’uvulofaringopalatoplastica, tradizionale o laser-assistita, o l’avanzamento chirurgico dei
mascellari.
E’ importante, infine, minimizzare i fattori predisponenti con un adeguato controllo del peso
corporeo, l’abitudine a dormire sul fianco, l’assunzione di pasti leggeri a cena e la riduzione
dell’assunzione di bevande alcoliche.
Bibliografia
American Academy of Sleep Medicine. International Classification of Sleep Disorders, 2nd ed. Westchester, Il (USA).
American Academy of Sleep Medicine, 2005.
Main C, Liu Z, Welch K, Weiner G, Jones SQ, Stein K. Surgical procedures and nonsurgical devices for the
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McDaid C, Griffin S, Weatherly H, Durée K, van der Burgt M, van Hout S, Akers J, Davies RJ, Sculpher M, Westwood
M. Continuous positive airway pressure devices for the treatment of obstructive sleep apnoea-hypopnoea syndrome: a
systematic review and economic analysis. Health Technol Assess. 2009 Jan;13(4):III-IV, XI-XIV, 1-119, 143-274.
Fonte:
RACCOMANDAZIONI CLINICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA
Ministero della Salute (GENNAIO 2014) Dipartimento della sanità pubblica e dell’innovazione
Pagg. 153-160

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