Studio Dentistico dott.ssa Vira Palazzo

Menu
  • VIRA PALAZZO
  • Odontoiatria
  • Estetica
  • Gnatologia
  • BLOG
  • Dove siamo
  • Prenota una visita

Ortodonzia

ORTOGNATODONZIA –
L’apparato stomatognatico, complesso “sistema multifunzionale” costituto dalle basi mascellare e
mandibolare, dalle arcate dento-alveolari, dal sistema neuro-muscolare e dalle articolazioni
temporo-mandibolari, concorre all’espletamento di funzioni vitali per l’individuo, quali
deglutizione, respirazione, fonazione e masticazione. In presenza di equilibrio tra le sue diverse
componenti, l’apparato stomatognatico si accresce e si sviluppa in modo armonico; tuttavia, fattori
sfavorevoli possono condizionarne il normale iter evolutivo determinando l’instaurarsi di una
malocclusione.
L’ortognatodonzia, disciplina che studia le disgnazie dento-maxillo-facciali, ha come finalità
primaria quella di individuare precocemente una noxa patogena, “creando le premesse per
ricondurre nell’ambito della norma biologica la vis vitalis della crescita naturale”.
In ambito ortognatodontico la formulazione del giudizio diagnostico risulta determinante, non come
semplice inquadramento di una situazione statica, bensì come obiettivazione di un status clinico da
contestualizzare nel processo accrescitivo individuale.
Quadri clinici disgnatici apparentemente simili possono presentare sostanziali differenze, sia per le
difformi derivazioni tridimensionali che per il concorso di più complesse implicazioni, per le quali
sono talvolta richieste differenti priorità di trattamento.
Il paziente ortognatodontico è, in genere, un soggetto in fase di crescita; tuttavia, sempre più
frequentemente anche l’adulto richiede l’intervento dell’ortodontista, con esigenze soggettive e
necessità cliniche oggettive sostanzialmente differenti, per le quali risulta spesso indispensabile un
approccio interdisciplinare.
Al di là di quadri sindromici, i cui tratti occlusali risultano spesso patognomonici del complessivo
contesto sindromico, le caratteristiche facciali e dento-mascellari possono essere espressione di
un’interazione tra fattori genetici, familiari ed ambientali che possono concorrere ad influire su
crescita e sviluppo del complesso dento-maxillo-facciale, favorendo l’instaurarsi di malocclusioni
(es. sindrome di Classe III).
Relativamente all’eziopatogenesi delle malocclusioni, le alterazioni funzionali (es. le abitudini
orali, quali l’interposizione linguale, la suzione del dito, della lingua e della tettarella, le alterazioni
posturali, la respirazione orale, etc) rappresentano i fattori ambientali maggiormente implicati nel
determinismo delle malocclusioni, in quanto sono in grado di sostenere alterazioni tra muscolatura
intraorale ed extraorale, con conseguenti cambiamenti morfo-funzionali a livello dento-alveolare
e/o scheletrico.
Tra i fattori eziopatogenetici locali devono essere, altresì, annoverati quelli dentali. L’avulsione
traumatica di decidui – in genere incisivi superiori –, in assenza di un’adeguata valutazione degli
effetti a medio e/o a lungo termine sul corrispondente permanente, la carie destruente o le estrazioni
precoci dei denti decidui – in genere primi o secondi molari -, in assenza di un opportuno
mantenimento dello spazio, possono generare una riduzione della lunghezza dell’arcata ed un
possibile quadro di malocclusione.
Per la corretta diagnosi delle malocclusioni è necessaria la valutazione complessiva di diversi
fattori.
Nella raccolta dei dati anamnestici risulta indicato porre attenzione ad informazioni inerenti alle
caratteristiche occlusali ed eventuali problematiche ortodontiche incorse anche nei familiari, per la
possibile “familiarità” di determinati quadri clinici (es. Classe III, anomalie dentali, etc); indagare
su eventi traumatici incorsi nella prima infanzia, in grado di sostenere alterazioni a livello
scheletrico (es. traumi a livello mandibolare per le possibili implicazioni a carico delle articolazioni
temporomandibolari e sull’insorgenza di asimmetrie) e su traumi dentali incorsi in dentizione
decidua, per le possibili ripercussioni sul corrispondente permanente (es. dislocazione,
dilacerazione, anomalia di sviluppo, etc.) o in dentizione permanente.
L’esame clinico extra-orale consente di stabilire la tipologia facciale (mesiofacciale, brachifacciale
o dolicofacciale) ed il profilo (concavo, convesso o piatto) con la valutazione dell’estetica del viso
e del sorriso.
Con l’esame funzionale è possibile esaminare le articolazioni temporo-mandibolari, la muscolatura
extra-orale ed eventuali alterazioni di funzione.
L’esame clinico intraorale permette di rilevare la formula dentaria (elementi dentali presenti in
arcata della serie decidua e/o permanente), valutando preliminarmente caratteristiche ed integrità
delle strutture dento-parodontali; consente, altresì, di rilevare taluni parametri occlusali:
• classi di Angle: parametro sagittale che individua i rapporti occlusali tra le arcate mascellare e
mandibolare, basato sul rapporto tra primo molare superiore e primo molare inferiore e tra canino
superiore ed inferiore. I rapporti occlusali ottimali sono Classe I molare e Classe I canina;
-overjet, overbite, coincidenza delle linee mediane (in apertura e chiusura), presenza di eventuali
morsi crociati o morsi a forbice.
Risulta importante valutare attentamente la funzione linguale ed il relativo frenulo, esaminare
inserzioni e caratteristiche dei frenuli labiali nonché aspetto e caratteristiche delle mucose.
L’esame clinico può essere supportato dall’acquisizione di foto extra-orali ed intra-orali.
La realizzazione di modelli in gesso permette di approfondire caratteristiche e rapporti intra-arcata
ed inter-arcata: dimensioni e simmetria delle arcate, parametri occlusali, curva di Spee, curva di
Wilson, posizione e dimensioni dei denti ed eventuale affollamento dentale.
Accertamenti radiografici possono essere prescritti a completamento della raccolta dei dati clinici,
solo se necessari/indispensabili ai fini diagnostici e prognostici e per la formulazione del piano
terapeutico.
L’esame ortopantomografico (OPT) delle arcate dentarie, accertamento radiografico determinate ai
fini di una corretta programmazione terapeutica, permette di valutare la presenza degli elementi
dentali e la reciproca posizione, eventuali anomalie dentali, di numero, posizione, sede, talvolta
anche di forma, eventuali lesioni cariose, endodontiche, parodontali, cistiche, etc. Sebbene l’OPT
non assicuri il dettaglio anatomico dei radiogrammi periapicali endorali, consente una visione
generale delle arcate dentali e delle strutture alveolari ed ossee. In caso di dubbio diagnostico si
rendono necessari radiogrammi endorali – periapicali o occlusali – o indagini tridimensionali.
Lo studio della teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale e la relativa analisi
cefalometrica consentono di valutare, sia sul piano sagittale che verticale, i rapporti tra base cranica
e basi mascellari e tra mascellare e mandibola, i rapporti dento-mascellari e dento-dentali, la
direzione di crescita, l’analisi dei tessuti molli; tale indagine può fornire, inoltre, informazioni
diagnostiche preliminari circa lo stato sviluppo osseo del soggetto tramite gli indici di crescita
vertebrale.
La teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore può essere prescritta in presenza di
alterazioni verticali, problematiche trasversali, asimmetrie dento-alveolari e maxillo-facciali e
dislocazioni mandibolari funzionali.
La radiografia della mano e del polso può consentire di stabilire in modo più attendibile l’età
scheletrica.
La pianificazione del trattamento richiede l’individuazione di obiettivi mirati da perseguire con
precise priorità, in base a quanto rilevato in fase diagnostica ed alla relativa prognosi. A tal
proposito risulta determinante tener conto di diversi fattori: età del soggetto, fattori anamnestici,
anche familiari, in grado di influire sulla prognosi, caratteristiche della malocclusione (dentali,
dento-alveolari, scheletriche, funzionali, estetiche), stadio di sviluppo e potenzialità di crescita,
eventuali ulteriori implicazioni strettamente correlate al quadro clinico che possono richiedere un
approccio multidisciplinare (es. problematiche odontoiatriche generali, parodontali, etc).
In considerazione dei molteplici fattori e variabili che concorrono all’instaurarsi dei diversi quadri
di malocclusione, non risulta sempre possibile individuare un iter terapeutico standardizzato e il
dispositivo clinico più indicato, per differenti motivazioni:
• l’evidenza scientifica non consente di poter suggerire sempre per le diverse problematiche un
unico percorso terapeutico, elettivamente indicato;
• ancora limitati sono gli studi clinici randomizzati e differenti i dispositivi terapeutici proposti;
• “raccomandazioni” cliniche specifiche ed univoche non sono state definite in letteratura per la
maggior parte delle problematiche ortognatodontiche;
• non sempre risulta concorde l’opinione in merito al timing di intervento, né sui tempi di
trattamento; alcune malocclusioni devono essere trattate precocemente (es. quadri clinici di classe
III o di asimmetrie), altre, sebbene con le dovute eccezioni, possono essere risolte più tardivamente,
sempre che la malocclusione non sia di per sé presupposto per ulteriori problematiche
ortognatodontiche anche più strettamente odontoiatriche (es. la precoce risoluzione di quadri di
Classe II con ampio overjet può prevenire il rischio di traumatismi dentali);
• le innovazioni tecnologiche e l’evoluzione del pensiero scientifico hanno concorso in modo
significativo all’evoluzione dei diversi dispositivi clinici, ottimizzandone caratteristiche e finalità
terapeutiche. Non risulta, tuttavia, sempre possibile indicare per la risoluzione di specifici quadri di
malocclusione un preciso dispositivo clinico, rispetto ad altri, sebbene con medesimi effetti,
“raccomandandolo” come “elettivo” in senso assoluto.
Indipendentemente dalla problematica clinica oggettivata, per la quale è richiesto l’intervento
ortognatodontico, risulta determinante la collaborazione del paziente, sia ai fini prognostici, che
terapeutici. In assenza di adeguata collaborazione, non solo potrà essere vanificato l’intervento
ortognatodontico, senza il perseguimento degli obiettivi terapeutici prefissati, ma possono, altresì,
manifestarsi effetti indesiderati per l’integrità dei tessuti dento parodontali.
• Nella raccolta dei dati anamnestici bisogna tener conto di informazioni inerenti lo
stato dentale ed occlusale e di possibili problematiche ortodontiche incorse anche nei
familiari, per la possibile “familiarità” di determinati quadri clinici (es. Classe III,
anomalie dentali, etc).
• Bisogna porre attenzione a possibili eventi traumatici incorsi nella prima infanzia, in
grado di comportare alterazioni a livello scheletrico o implicazioni dentali in dentizione
decidua o permanente.
• Bisogna inquadrare e risolvere precocemente le alterazioni funzionali, in grado di
alterare l’equilibrio tra muscolatura intra ed extra-orale, con possibili implicazioni a
livello del complesso dento-maxillo-facciale.
• Bisogna garantire la continuità delle arcate dentali con la cura precoce delle lesioni
cariose sugli elementi decidui, per evitare che la perdita di “sostanza dentale” comporti
mesio-inclinazioni, mesializzazioni e rotazioni di elementi contigui ed estrusione degli
antagonisti con possibili ulteriori ripercussioni sui rapporti interarcata.
• Nella pianificazione del trattamento ortodontico bisogna tener conto del quadro
diagnostico del soggetto e, se in crescita, dell’età scheletrica, valutandone le relative
potenzialità accrescitive; della priorità e gravità dei problemi rilevati (es. quadri
sindromici ed anomalie di sviluppo, difetti scheletrici per asimmetrie, discrepanze
verticali, sagittali e trasversali, anomalie dentoalveolari). Il tutto tenendo in debita
considerazione la motivazione e le esigenze del paziente.
• Data la complessità di taluni quadri di malocclusione, differenti problematiche
possono risultare spesso associate ad altre e, sebbene alcune siano sicuramente
prioritarie, non risulta indicato “raccomandare” sempre e comunque un determinato
iter terapeutico; è opportuno fornire ad ogni paziente una diagnosi accurata in base
alla quale poi pianificare il più appropriato piano di trattamento, attentamente
individualizzato.
• Riguardo ai tempi di trattamento non risulta sempre possibile stabilire con esattezza
la durata della terapia ortodontica:
► nel soggetto in crescita, la pianificazione terapeutica può prevedere differenti
fasi di intervento, con periodi intermedi, nel corso dei quali va monitorata la
crescita e lo sviluppo del soggetto e la permuta dentale;
► nel soggetto adulto è spesso richiesto un approccio multidisciplinare con
interventi differentemente programmati che concorrono al perseguimento degli
obiettivi stabiliti (es. parodontologia, protesi,implantologia, etc).
• Relativamente alla “durata” dei risultati ottenuti, in termini di “stabilità del
trattamento”, in letteratura le opinioni risultano controverse. Il perseguimento di un
buon equilibrio funzionale dovrebbe garantire il mantenimento nel tempo dei risultati
ottenuti.
• Il piano terapeutico deve essere chiaramente ed esaustivamente esposto al paziente e
ai familiari (in caso di minori), ponendo attenzione all’effettiva comprensione delle
finalità, alle esigenze/aspettative, alla compliance richiesta ed al rapporto
impegno/beneficio. Devono essere, altresì, date indicazioni dei tempi entro i quali,
presumibilmente e compatibilmente con la variabilità biologica, potranno essere
raggiunti gli obiettivi del trattamento, tenendo conto dell’eventuale possibilità di una
successiva nuova valutazione e di un’ulteriore pianificazione terapeutica. Un ruolo
determinante è svolto dalla collaborazione del paziente e dei familiari durante le
diverse fasi terapeutiche, in assenza della quale, non solo potrà essere vanificato
l’intervento ortognatodontico, ma possono incorrere effetti indesiderati per l’integrità
dei tessuti dento-parodontali.
• I dispositivi clinici utilizzati devono rispondere alle norme di legge; essere
scelti/realizzati in base agli obiettivi stabiliti, tenendo conto delle caratteristiche
biologiche, della maturità scheletrica, della comprensione della meccanica e
dell’impatto sociale; seguire il principio della maggior semplicità nella massima
efficacia ed efficienza, del minor costo biologico, emotivo e, possibilmente, economico; i
pazienti devono comprenderne funzione, modalità e tempo di utilizzo.
Gli steps da seguire nell’iter diagnostico, al fine di inquadrare correttamente una malocclusione e
programmare l’iter terapeutico, sono schematicamente riportati nella Tabella 1.
Tabella 1
D=Diagnosi
T=Terapia
TIPOLOGIA PRESTAZIONE
e TIMING
S / C / MC
(S=Semplice)
(C=Complesso)
(MC=Molto
complesso)
D
Prima visita e raccolta dei dati di base:
anamnesi medica e odontostomatologica
valutazione della salute dentale e delle mucose del cavo orale: priorità delle cure
esame clinico e funzionale
o valutazione delle proporzioni facciali e analisi del profilo
o valutazione della simmetria facciale
o rilevamento formula dentaria
o valutazione dell’occlusione statica
o valutazione della motilità mandibolare
o valutazione delle funzioni dell’apparato stomatognatico
o esame dei muscoli masticatori e cervicali
o esame delle ATM
eventuale prescrizione esami radiografici *
eventuale prescrizione esami strumentali
S / C
D
Seconda visita e raccolta dei dati di base:
rivalutazione ed approfondimento esame clinico e funzionale
valutazione dello stadio di sviluppo fisico (es:peso, altezza e segni della pubertà)
rilevamento delle impronte delle arcate dentali
foto intra-orali ed extra-orali
eventuali esecuzione di esami strumentali
eventuale richiesta di consulenza di altro clinico [altro collega odontoiatra
ortognatodontista, medico, chirurgo maxillo-facciale, logopedista, fisioterapista] C
D
• Check radiografico
Eventuale Ortopantomografia
Eventuale Teleradiografia Latero-laterale
Eventuale Teleradiografia Postero-Anteriore [presenza/sospetto di asimmetrie
dento-alveolari e/o maxillo-facciali, crossbite dentali e/o scheletrici, dislocazioni
mandibolari funzionali, problematiche verticali] Eventuale Radiografia del polso e della mano [valutazione dell’età scheletrica] Eventuali radiografie endorali periapicali e/o occlusali
Eventuali indagini tridimensionali [in caso di gravi asimmetrie, di inclusioni dentarie
con anomalie di posizione e rischio di lesioni su elementi dentali contigui] [Eventuale RMN ATM – in caso di disfunzioni ATM] [Le indagini radiografiche dovranno essere prescritte solo dopo un attento esame clinico
e solo quando risultano necessarie / indispensabili ai fini diagnostici e per la
formulazione del piano terapeutico] C
D
Pianificazione del trattamento
Valutazione complessiva dei parametri clinici intra ed extra-orali (statici e dinamici)
Valutazione dei modelli in gesso
Forma e simmetria delle arcate
Analisi dello spazio
Entità della discrepanza sagittale
Entità della discrepanza trasversale
Eventuale set-up dei modelli [per visualizzazione dei movimenti dentali e
dentoscheletrici] Valutazione foto intra-orali ed extra-orali
Visione esami radiografici
Valutazione delle strutture ossee e dentali
Individuazione di eventuali patologie a livello degli elementi dentali e delle
strutture scheletriche
Eventuali tracciati cefalometrici
Analisi dei rapporti scheletrici mascellari e mandibolari sagittali, verticali e
trasversali
Analisi dei rapporti dento-maxillo-facciali e dento-dentali
Analisi dei tessuti molli
Tipologia di crescita facciale
Eventuale VTO [Visualizzazione obiettivi di trattamento] ortodontico o
ortodontico-chirurgico [nei casi pre-chirurgici] MC
D
Presentazione del piano di trattamento
Spiegazione dei dispositivi clinici utilizzati: finalità, uso e manutenzione
Consenso informato
C
T
La decisione clinica sarà stabilita in base alla lista delle problematiche individuate ed
elaborate nel percorso diagnostico con precise priorità, strettamente individuali, in base alla
gravità dei problemi clinici [quadri sindromici ed anomalie di sviluppo; alterazioni
scheletriche in presenza o meno di asimmetrie, discrepanze trasversali, verticali e sagittali,
anomalie dento-alveolari] La decisione terapeutica sarà presa nell’attenta considerazione dell’età scheletrica del
paziente, se in crescita, dello stadio di sviluppo e delle potenzialità di crescita.
Il piano terapeutico deve essere proposto e illustrato al paziente e/o a i familiari [in caso di
minore], al fine di valutare l’effettiva comprensione delle finalità e degli obiettivi terapeutici,
valutandone esigenze/aspettative, compliance e rapporto impegno / benefici.
Gli obiettivi del trattamento devono essere chiari e deve essere indicata la durata entro la
quale, presumibilmente, verranno raggiunti o, se in futuro, sarà necessaria un’ulteriore
valutazione ed un nuovo Piano di Trattamento.
Nei casi “chirurgici”, la pianificazione del trattamento deve essere condivisa con il Chirurgo
Maxillo-Facciale.
Esporre esaustivamente al paziente gli obiettivi del trattamento ortodontico pre- e post
chirurgico e del complessivo intervento chirurgico-ortodontico.
MC
T
Terapia
Le apparecchiature utilizzate dovranno rispondere alle norme di legge
I pazienti dovranno comprenderne la funzione, modalità e tempo di utilizzo.
Gli apparecchi devono essere scelti in base agli obiettivi stabiliti, tenendo conto
delle caratteristiche biologiche, di maturità scheletrica, di comprensione della
meccanica, dell’impatto sociale.
I dispositivi terapeutici devono seguire il principio della maggior semplicità nella
massima efficacia ed efficienza al minor costo biologico, emotivo e
possibilmente economico.
MC
T
Nei casi chirurgici è prevista una fase ortodontica pre-chirurgica, al termine
della quale il paziente viene inviato al chirurgo per il trattamento necessario.
Compiuto l’intervento chirurgico, ai fini del perfezionamento dell’occlusione, della
riabilitazione funzionale stomatognatica e del completamento dell’iter terapeutico, è
prevista una fase ortodontica post-chirurgica.
MC
T
Fine terapia
Rilevamento delle impronte e sviluppo di modelli in gesso di fine terapia
Eventuali foto intra-orali ed extra-orali
Eventuale applicazione della contenzione
Eventuale Ortopantomografia e Teleradiografie di controllo
[Eventuali TC ed RMN di controllo] [Eventuali esami strumentali di controllo] Illustrazione degli obiettivi raggiunti, delle possibili recidive, oltre che di eventuali
ulteriori terapie da svolgere, della stabilizzazione funzionale.
C
Bibliografia
Ackerman JL, Kean MR, Proffit WR. The interaction of function and stability in the dentition. Aust Orthod J.
2009;25:169-72.
Agenter MK, Harris EF, Blair RN. Influence of tooth crown size on malocclusion. Am J Orthod. Dentofacial Orthop.
2009;136(6):795-804.
Bishara S.E. Manuale di Ortodonzia, Ed It. Antonio Delfino Editore, 2006.
Bjork A. Sutural growth of the upper face studied by the implant method, Acta Odont Scand 1996;24:109-127.
Casko JS, Vaden JL, Kokich et al. Objective grading system for dental casts and panoramic radiographs. Am J Orthod
DentofacialOrthop 1999;114:589-99.
Chen JY, Leslie AW, Niederman R.. Analysis of efficacy of functional appliances on mandibular growth. Am. J. Orthod
DentofacialOrthop 2002;122:470-476.
Europe Commission. Radiation Protection. European guidelines on radiation protection in dental radiology The safe
use ofradiographs in dental practice. Iusse n°136, Directorate-General for Energy and Transport Directorate H —
Nuclear Safety andSafeguards Unit H.4 — Radiation Protection; European Communities, 2004.
Fields HW, Proffit WR, Sarver DM. Ortodonzia Moderna (III edizione). Elsevier Masson, 2008
Friedman JW. Development of criteria and standards for dental care. Dent Clin North Am 1985;29:465-75.
Giannì E. La nuova ortognatodonzia. Vol. 2/I-2/II. Ed. Piccin 1980.
Harvold EP. The role of function in the etiology and treatment of malocclusion. Am J Orthod. 1968;54:883-98.
Hassan AH, Amin Hel. Association of orthodontic treatment needs and oral health-related quality of life in young
adults. Am JOrthod Dentofacial Orthop 2010;137:42-7.
Hiemstra R, Bos A, Hoogstraten J. Patients’ and parents’ expectations of orthodontic treatment. J Orthod.
2009;36:219-28.
Hayes Williamsport J. L. Letters to the editor: Problems with RCT design. Am J Orthod Dentofacial Orthop
2009;136:143-4.
Kuhlberg AJ, Glynn. Treatment planning consideration for adult orthodontic patients, Dent Clin North Am 1997;41:17-
27.
Laskin DM. Establishing standards of care. J Oral Maxillofac Surg 1988;46:1.
Marshall JD et al. Ask us Long-term stability of maxillary expansion Am J Orth Dent Orthop 2008, 133, 780-781
Mwangi CW, Richmond S, Hunter ML. Relationship between malocclusion, orthodontic treatment, and tooth wear. Am
J OrthodDentofacial Orthop. 2009 Oct;136(4):529-35.
Riolo ML, Moyers RE, TenHave TR. Imprecision and bias in orthodontic treatment. Am J Orthod Dentofacial Orthop
1988;93: 138-42.
Riolo ML, Vaden JL. Standard of care: Why it is necessary. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2009; 136: 494:496.
Ruhl CM, Bellian KT, Van Meter BH, Hoard MA, Pham CD, Edlich RF. Diagnosis, complications, and treatment of
dentoskeletalmalocclusion. Am J Emerg Med.1994;12:98-104.
Tollaro I, Franchi L, Baccetti T. Floating norms for the assessment of craniofacial pattern in the deciduous dentition,
Eur J Orthod18:359-365, 1996.
Turpin DL. The case for treatment guidelines. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2007;131:159.
Vaden JL, Riolo ML. How can the speciality establish a standard of care? Am J Orthod Dentofacial Orthop 2009;136:
497:500.
Problematiche trasversali
Hanno un particolare rilievo per le possibili implicazioni nello sviluppo di asimmetrie scheletriche e
per la stretta relazione tra dimensioni trasversale, sagittale e verticale.
Tra le problematiche trasversali quelle riconducibili ad una contrazione del mascellare presentano
un’elevata frequenza, dato ancora più rilevante quando nella definizione di contrazione del palato
viene considerato anche un rapporto occlusale trasversale testa a testa.
Gli eccessi trasversali del mascellare superiore sono quadri patologici piuttosto rari con la risultante,
a livello occlusale, di un morso crociato buccale mono o bilaterale (morso a forbice).
Nel passaggio dalla dentizione decidua a quella mista si verificherebbe un aumento della prevalenza
del morso crociato (crossbite) laterale.
All’instaurarsi di una contrazione trasversale del mascellare superiore possono concorrere numerosi
fattori: quelli familiari rivestono un ruolo prioritario; fattori ambientali funzionali rappresentano la
causa più frequente di deficit trasversale dento-alveolare, spesso associato a concomitante
interessamento scheletrico.
Relativamente all’inquadramento clinico, la contrazione del mascellare superiore può essere
scheletrica, dento-alveolare o mista e si associa spesso a morso crociato (crossbite) nei settori
latero-posteriori, mono o bilaterale.
La forma più frequente di crossbite posteriore è monolaterale, a sua volta distinto in vero o
funzionale: il morso crociato monolaterale vero è espressione di una reale asimmetria nell’arcata
superiore; il morso crociato monolaterale funzionale è, in genere, riconducibile ad una contrazione
bilaterale dell’arcata mascellare e concomitante/conseguente latero-deviazione mandibolare verso il
lato del crossbite. Il riallineamento delle linee mediane in massima apertura, validato dallo studio
della simmetria del mascellare superiore, può confermare il sospetto di latero-deviazione
funzionale.
La contrazione mascellare può manifestarsi anche in assenza di morso crociato, nei casi in cui il
deficit trasversale sia compensato a livello dento-alveolare (es. quadri di Classe III, nella forma
compensata).
Nei quadri clinici di Classe II, anche in assenza di crossbite, un mascellare contratto può
determinare un retro-posizionamento mandibolare. Può essere, altresì, evidenziabile
un’insufficienza trasversale mascellare “relativa”, riconducibile ad un adattamento del mascellare
superiore ad una mandibola retroposizionata.
Nell’ambito degli eccessi trasversali del mascellare possiamo distinguere una forma congenita
primitiva, la sindrome di Brodie, ovvero una forma presente in pazienti affetti da morbo di Cooley,
e forme acquisite conseguenti a malposizioni dentali primarie o ad interventi iatrogeni.
Nella valutazione diagnostica, particolare attenzione deve essere posta alle caratteristiche extraorali
ed intra-orali ed alle eventuali implicazioni funzionali, in particolare all’atteggiamento
posturale, mediante approfondite valutazioni cliniche statiche e dinamiche (es. apertura e chiusura
della bocca per appurare eventuali latero-deviazioni).
I modelli in gesso consentono di oggettivare i rapporti inter-arcata ed intra-arcata, in particolare
quelli trasversali.
La teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore, sebbene di difficile interpretazione per
la complessa rappresentazione delle strutture anatomiche, può consentire di confermare o meno il
riscontro dell’alterata postura della mandibola, della discrepanza trasversale maxillo-mandibolare,
anche in termini di implicazioni dento-alveolari, dell’eventuale concomitante presenza di
asimmetrie e di derivazioni verticali.
L’iter terapeutico si avvale di una diagnosi precoce delle problematiche trasversali e la loro
tempestiva correzione rappresenta un’effettiva priorità di trattamento.
Tenuto conto del basso tasso di correzione spontanea del crossbite in dentizione decidua e mista
precoce, probabilmente per un meccanismo di adattamento neuromuscolare all’acquisita postura
mandibolare in latero-deviazione e delle possibili alterazioni accrescitive maxillo–facciali, risulta
opportuno trattare precocemente tali quadri clinici. La scelta dell’approccio terapeutico più indicato
risulta strettamente correlato alle caratteristiche ossee e/o dento-alveolari.
Nei quadri clinici di insufficienza trasversale del palato, l’indicazione principale è la terapia
espansiva, volta a rapportare trasversalmente le dimensioni del mascellare a quelle della mandibola.
Il possibile meccanismo di espansione può essere:
• ortodontico, con effetti a livello dentale o dento-alveolare;
• ortopedico, se per incrementare i diametri trasversali è necessaria una diastasi della sutura palatina
mediana, eseguibile nel soggetto in crescita;
• ortodontico-ortopedico, se per la risoluzione del deficit trasversale è necessario agire sia a livello
dento-alveolare che scheletrico;
• chirurgico-ortodontico, se, completata la crescita, per la risoluzione della contrazione si rende
necessario anche un approccio chirurgico, integrato con il trattamento ortodontico.
L’applicazione di dispositivi funzionali, quali il regolatore di funzione di Frankel, in particolare in
dentizione mista precoce, potrebbe, in alcuni casi, favorire un ampliamento degli spazi funzionali,
favorendo la crescita trasversale delle arcate.
In taluni quadri di Classe II da retrusione mandibolare, una terapia espansiva può fungere da
apparecchio funzionale endogeno, in quanto in grado di favorire un corretto posizionamento
sagittale della mandibola rispetto al mascellare superiore.
• La risoluzione delle problematiche trasversali può essere ritenuta spesso prioritaria
rispetto a problematiche riferibili ad altri piani dello spazio, talvolta contestualmente
presenti, per la stretta relazione esistente tra dimensioni trasversale, sagittale e
verticale.
• Il trattamento della discrepanza trasversale può, talvolta, concorrere alla risoluzione
di quella sagittale.
• In presenza di latero-deviazione mandibolare, un intervento precoce e tempestivo può
consentire di prevenire o intercettare possibili asimmetrie posizionali che altrimenti
esiterebbero in asimmetrie scheletriche.
• In dentizione decidua, il molaggio selettivo, nel rimuovere eventuali interferenze
occlusali responsabili della latero-deviazione mandibolare, può prevenire l’instaurarsi
di morsi crociati posteriori. Quando il molaggio da solo non risulta sufficiente, si può
ricorrere ad un dispositivo d’espansione rapida del palato (es. disgiuntore rapido) o
lenta (es. quad-helix), al fine di evitare che il morso crociato posteriore si stabilizzi in
dentizione mista.
• In dentizione mista, si può intervenire con dispositivi d’espansione lenta o rapida del
mascellare per ripristinare i corretti rapporti maxillo-mandibolari; al fine di
preservare l’integrità dento-parodontale dei denti permanenti, risulta preferibile, ove
possibile, applicare i dispositivi ortopedici espansivi sugli elementi decidui.
• Il confronto tra diversi approcci terapeutici, da quanto emerso in differenti indagini,
sembrerebbe comunque dare risultati non significativi ai fini della pianificazione
dell’iter terapeutico.
• In dentizione permanente ed a crescita ultimata, la terapia delle problematiche
trasversali può essere di tipo esclusivamente ortodontico, spesso di compromesso, o
chirurgico-ortodontico.
Bibliografia
Baccetti T, Franchi L, Cameron CG, McNamara JA Jr. Treatment timing for rapid maxillary expansion. Angle Orthod.
2001;71:343-50.
Baccetti T, Franchi L, Schulz SO, McNamara JA Jr. Treatment timing for an orthopedic approach to patients with
increased verticaldimension.Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2008;133:58-64.
Bartzela T, Jonas I. Long-term Stability of Unilateral Posterior Crossbite Correction. Angle Orthod 2007;77:237–243
Deshayes MJ. Cranial asymmetries and their dento-facial and occlusal effects. Orthod Fr 2006;77:87- 99.
Doruk C, Bicakci AA, Basciftci FA, Agar U, Babacan H. A comparison of the effects of rapid maxillary expansion and
fan-type rapidmaxillary expansion on dantofacial structures. Angle Orthod 2003:74;184 – 194.
Dugoni S, Maryse A, Baumrind S. Differential diagnosis and treatment planning for early mixed dentition
malocclusions. Am. J.Orthod Dentofacial Orthop 2006;129;80-81.
Erdinc AE, Ugur T. Erbay E. A comparison of different treatment techniques for posterior crossbite in the mixed
dentition. Am. J.Orthod Dentofacial Orthop. 1999; 116 (3): 287-300.
Harrison JE, Ashby D. Orthodontic treatment for posterior crossbites. Cochrane Database Syst Rev. 2001;1.
Harrison JE, Ashby D. Orthodontic treatment for posterior crossbites. Cochrane Database Syst Rev 2000:2
Kantomaa T. Correction of unilateral crossbite in the deciduous dentition, Eur J Orthod 8 (1986), pp. 80–83
Kecik D, Ilken Kocadereli , and Isil Saatci. Evaluation of the treatment changes of functional posterior crossbite in the
mixed dentitionAmerican Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics February 2007, Pages 202-215.
Kennedy DB, Osepchook M. Unilateral Posterior Crossbite with Mandibular Shift: A Review .J Can Dent Ass.
2005;71(8):569–73.
Kurol J, Bergland l. Longitudinal study and cost-benefit analysis of the effect of early treatment of posterior cross-bites
in the primarydentition, Eur J Orthod 1992;14:173–179.
Lagravere MO, Major PW, Flores Mir C. Long term dental arch changes after rapid maxillary expansion treatment: a
systematicreview. Angle Orthod. 2004; 75,155 – 161.
Lagravere MO, Major PW, Flores-Mir C. Long-term skeletal changes with rapid maxillary expansion: a systematic
review. AngleOrthod 2005;75:833–839.
Lima AL, Lima Filho RM, Bolognese AM. Long-term clinical outcome of rapid maxillary expansion as the only
treatment performed inClass I malocclusion. Angle Orthod. 2005; 75:416-20.
Linder Aronson. Longitudinal study of the effect of early interceptive treatment in 4-year old children with unilateral
cross-bite, ScandJ Dent Res 1989;97:432–438.
Mc Namara J.A. Jr. Early intervention in the transverse dimension: is it worth the effort?. Am. J. Orthod Dentofacial
Orthop 2002;121:572-4.
Nerder PH, Bakke M,, Solow S. The functional shift of the mandible in unilateral posterior crossbite and the
adaptation of the temporomandibular joints a pilot study, Eur J Orthod 1999;21:155–166.10
O’Grady PW, McNamara JA Jr, Baccetti T, Franchi L. A long-term evaluation of the mandibular Schwarz appliance
and the acrylicsplint expander in early mixed dentition patients. Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2006;130:202-13.
Petrén S, Bondemark L, Söderfeldt B A. Systematic Review Concerning Early Orthodontic Treatment of Unilateral
Posterior Crossbite. Angle Orthodontist: 2003;73:588–596.
Pinto A, Buschang P., Throckmorton G. et al. Morphological and positional asymmetries of young children with
functional unilateralposterior crossbite, Am J Orthod Dentofacial Orthop 2001;120:513–520.
Thilander B, Wahlund S, Lennartsson B. The effect of early interceptive treatment in children with posterior crossbite.
Eur J Orthod1984;6;25–34.
Vizzotto MB, de Araújo FB, da Silveira HE, Boza AA, Closs LQ. The quad-helix appliance in the primary dentitionorthodontic
andorthopedic measurements. J Clin Pediatr Dent. 2008;32:165-70.
Westwood PV, McNamara JA Jr, Baccetti T, Franchi L, Sarver DM. Long-term effects of Class III treatment with rapid
maxillaryexpansion and facemask therapy followed by fixed appliances. Am J Orthod Dentofacial Orthop.
2003;123:306-20.
Problematiche sagittali
Possono essere ritenute quelle con maggiore impatto nella popolazione, per prevalenza e peculiarità
di taluni quadri clinici. Sono spesso associate a problematiche sul piano trasversale e verticale.
Nell’eziopatogenesi delle alterazioni sagittali svolgono un ruolo importante fattori familiari,
congeniti e ambientali, in grado di sostenere modifiche dento-alveolari e della crescita dei
mascellari.
La familiarità ricopre un ruolo di primo piano soprattutto nei quadri di Classe III ed in alcuni quadri
di malocclusione di Classe II. Alterazioni funzionali (es. abitudini viziate, modello di respirazione),
nel modificare l’equilibrio muscolare, possono determinare e/o concorrere a quadri di
malocclusione di Classe II; un’alterata postura linguale e/o un frenulo linguale corto possono
contribuire allo sviluppo di quadri di Classe III.
Relativamente all’inquadramento clinico, le malocclusioni sul piano sagittale, possono essere
distinte in Classe I, Classe II e Classe III.
Da un punto di vista occlusale presentano le seguenti caratteristiche:
• Classe I: occlusione corretta sul piano sagittale con alterazioni localizzate spesso al settore
anteriore e/o sul piano trasversale e verticale;
• Classe II: quadri occlusali caratterizzati da alterati rapporti sagittali delle arcate con i denti
dell’arcata mandibolare che occludono distalmente rispetto a quelli dell’arcata mascellare. Si
distinguono i seguenti quadri occlusali:
► Classe II/1: un’arcata superiore stretta ed allungata con un gruppo frontale protruso;
► Classe II/2: retrusione ed affollamento del gruppo frontale superiore, in genere degli
incisivi centrali superiori, con esoinclinazione dei laterali superiori, spesso associati a lieve
contrazione dell’arcata mascellare, con una mandibola in genere retroposizionata.
• Classe III: quadri occlusali caratterizzati da alterati rapporti sagittali delle arcate con i denti
dell’arcata mandibolare che occludono mesialmente rispetto a quelli dell’arcata mascellare; la
mandibola può apparire protrusa in senso assoluto o relativo.
Valutazioni cliniche e cefalometriche rilevate sulla teleradiografia del cranio in proiezione laterolaterale
risultano utili ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici.
Nelle Classi I le problematiche cliniche sono generalmente di natura dentale (affollamento,
mesializzazione, rotazione di elementi dentali, protrusione anteriore superiore, etc), con possibile
interessamento dei piani verticale e trasversale.
Nelle Classi II la discrepanza sagittale maxillo-mandibolare è riconducibile a protrusione del
mascellare superiore, ovvero a retrusione mandibolare (circa l’80% dei casi)o ad entrambe le
condizioni.
Nelle Classi III la discrepanza sagittale maxillo-mandibolare è riconducibile a protrusione della
mandibola rispetto al mascellare, ovvero a retrusione/iposviluppo del mascellare superiore rispetto
alla mandibola o ad entrambe le condizioni.
Nei diversi quadri di malocclusione sul piano sagittale possono risultare determinanti, ai fini
diagnostici, prognostici e terapeutici, anche le concomitanti implicazioni sui piani verticale e/o
trasversale.
Nel soggetto in crescita può essere utile accertare lo stadio di sviluppo scheletrico con la
valutazione preliminare degli indici di crescita vertebrale sulla teleradiografia del cranio in
proiezione latero-laterale e, qualora il clinico ritenga necessari maggiori approfondimenti, tramite la
prescrizione di una radiografia della mano e del polso.
Le strategie di trattamento variano in considerazione del quadro clinico.
-Quadri di Classe I: riconducibili a problematiche più strettamente dentali per la cui risoluzione si
deve, comunque, tener conto del profilo e della tipologia facciale del soggetto e di parametri dentali
e scheletrici, verticali e trasversali. Nei problemi di spazio, ad esempio, la soluzione può essere o
meno estrattiva solo dopo valutazione dei parametri clinici e radiografici.
• Quadri di Classe II con :
• ipersviluppo/protrusione del mascellare superiore: nel paziente in crescita l’approccio
terapeutico potrà essere mirato a condizionare/controllare la crescita del mascellare
superiore con dispositivi solitamente ortopedici (es. terapia ortopedica);
• iposviluppo/retrusione mandibolare: nel paziente in crescita possono risultare indicate
procedure funzionali atte a stimolare/favorire la crescita della mandibola e/o a favorirne il
corretto posizionamento mesiale (es. terapia funzionale);
• ipersviluppo/protrusione del mascellare superiore associato a iposviluppo/retrusione
mandibolare: nel paziente in crescita l’approccio terapeutico può essere mirato a
condizionare/controllare la crescita del mascellare superiore con la contestuale applicazione
di dispositivi funzionali, atti a stimolare/favorire la crescita della mandibola (es. terapia
combinata).
Nei quadri clinici da retrusione mandibolare una possibile ed efficace strategia di
trattamento potrebbe prevedere un intervento durante il picco di crescita mandibolare,
quando la mandibola presenta il massimo input accrescitivo, con la possibilità di ottimizzare
l’intervento terapeutico, in termini di efficacia, tempi terapeutici e collaborazione del
paziente, sebbene alcuni Autori sostengano che intervenire anche in altre fasi di crescita
risulta comunque efficace.
Taluni quadri clinici di Classe II, caratterizzati da concomitante affollamento dentale e/o
overjet aumentato, possono richiedere un intervento precoce (trauma-profilassi in presenza
di accentuato over-jet).
Nelle forme “miste” (ipersviluppo/protrusione del mascellare superiore associato a
iposviluppo/retrusione mandibolare) può essere prevista la concomitante applicazione di
dispostivi ortopedici e funzionali, differentemente progettati in base alle implicazioni
verticali e trasversali.
Un’eventuale concomitante problematica trasversale risulta spesso prioritaria nel quadro
clinico complessivo, in quanto nei quadri di Classe II l’espansione trasversale può
migliorare e favorire il ripristino di corretti rapporti sagittali (espansione del mascellare
superiore: apparecchio funzionale endogeno).
• Quadri di Classi III: in considerazione delle differenti modalità di crescita della mandibola
rispetto al mascellare e delle implicazioni funzionali e familiari correlate a tali quadri clinici, risulta
determinante intervenire precocemente sul mascellare superiore, al fine di ripristinare corretti
rapporti sagittali. Non risulterebbe, invece, indicato procrastinare l’intervento durante il picco di
crescita mandibolare, quando la mandibola presenta il massimo input accrescitivo.
Problematiche sagittali di Classe II e Classe III, affrontate a termine crescita, possono essere risolte
con compensi dentali. Tuttavia, in presenza di grave discrepanza scheletrica, nell’evenienza che
compensi dentali possano sostenere problemi gnatologici e/o per esigenze estetiche, potrebbe
risultare indicato un intervento combinato chirurgico-ortodontico.
• In presenza di una disgnazia sul piano sagittale risultano determinanti, nel
complessivo inquadramento della malocclusione, sia da un punto di vista dentale, che
scheletrico, esame clinico e analisi cefalometrica sulla teleradiografia del cranio in
proiezione latero-laterale e, se necessario, valutazioni auxologiche sulla radiografia
della mano e del polso.
• Nei quadri di Classe II, la predicibilità del trattamento è sempre in relazione con la
tipologia facciale (dimensione verticale) e con la dimensione trasversale (eventuali
asimmetrie), in grado di influire sulla prognosi. Un trattamento ortopedico-funzionale
nelle malocclusioni di Classi II da retrusione mandibolare potrebbe risultare
particolarmente efficace, se include il picco di crescita mandibolare, sebbene alcuni
Autori sostengano che intervenire anche in altre fasi di crescita risulta, comunque,
efficace.
• Nei quadri di Classi III, la correzione ortopedica appare più complessa soprattutto in
presenza di sindromi progeniche. La correzione dei quadri di retrusione del mascellare
superiore sembra avere maggiori possibilità di successo con il trattamento ortopedico;
l’applicazione della trazione inversa può sortire effetti positivi se intrapresa in età
prepuberale (7-8 anni). Dopo i 10 anni la predicibilità di un trattamento ortopedico con
trazione postero-anteriore decade in modo evidente. In ogni caso, la prognosi di tali
malocclusioni risulta essere, comunque, riservata.
• Le implicazioni sul piano verticale condizionano la prognosi e la pianificazione
terapeutica.
• La risoluzione di concomitanti problematiche sul piano trasversale risulta, in genere,
prioritaria rispetto alle problematiche individuabili negli altri piani dello spazio
Bibliografia
Baccetti T et al. Skeletal effects of early treatment of Class III malocclusion with maxillary expansion and face-mask
therapy. Am JOrthod Dentofacial Orthop 1998;113:333-343.
Baccetti T. Interview on Functional Appliances. Progress in Orthodontics 2004;5:179-183.
Battagel J. The aetiological factors in Class III malocclusion, Eur J Orthod 1993;15:347-370.
Cozza P, Baccetti T, Franchi L, De Toffol L, McNamara JA Jr. Mandibular changes produced by functional appliances
in Class IImalocclusion: A systematic review. Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2006;129:599e1-599e12.
Dolce C, McGorray SP, Brazeau L, King GJ, Wheeler TT. Timing of Class II treatment: skeletal changes comparing 1-
phase and 2-phase treatment. Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2007;132:481-9.
Firouz M, Zernik J, Nanda R. Dental and orthopedic effects of high-pull headgear in treatment of Class II, division 1
malocclusion, AmJ Orthod Dentofacial Orthop.1992;102:197-205.
Ghafari J et al. Headgear versus function regulator in early treatment of Class II , division 1 malocclusion: a
randomized clinicaltrial, Am J Orthod Dentofacial Orthop 1998;102:197-200.
Harrison JE, O’Brien KD, Worthington HV. Orthodontic treatment for prominent upper front teeth in children
Cochrane Database SystRev. 2007 Jul 18;(3):CD003452.
Kapust AJ, Sinclair PM, Turlay PK. Cephalometric effects of face mask/expansion therapy in Class III children: a
comparison of threegroups. Am J Orthod Dentofacial Orthop 1998;113:204-212.
Keeling SD et al. Anteroposterior skeletal and dental changes after early Class II treatment with bionators and
headgear, Am JOrthod Dentofacial Orthop 1998;113:40-50.
Johnston LE. If wishes were horses: Functional appliances and growth modification. Progress in Orthodontics
2005;6(1):36-47
McNamara JA Jr, Peterson JE Jr, Alexander RG. Three-dimensional diagnosis and management of Class II
malocclusion in the mixeddentition. Semin Orthod. 1996;2:114-37.
Ngan PW et al. Treatment response and long-term dentofacial adaptions to maxillary expansion and protraction, Semin
Orthod1997;3:255-264.
Pancherz H, Zieber K, Hoyer B. Cephalometric characteristics of Class II division 1 and Class II division 2
malocclusions: acomparative study in children, Angle Orthod 1997; 67:111-120.
Proietti D, Barbato E., Malagola C.. Il timing di trattamento delle malocclusioni. Mondo Ortodontico
2000:XXV(3):205-217.
Ruf S, Pancherz H. Class II division 2 malocclusion: genetics or environment? A case report of monozygotic twins,
Angle Orthod1999; 69:321-324.
Sugawara J, Mitani H. Facial growth of skeletal Class III malocclusion and the effects, limitations, and long-term
dentocialadaptations to chin cap therapy, Semin Orthod 1997; 3:244-254.
Tulloch JFC, Phillips C, Proffit WR. Benefit of early Class II treatment: progress report of a two-phase randomized
clinical trial, Am JOrthod Dentofacial Orthop 1998;113:62-72.
Tulloch JF et al. The effect of early intervention on skeletal pattern in Class II malocclusion: a randomized clinical
trial, Am J OrthodDentofacial Orthop 1997; 111:391-400.
Westwood PV, McNamara JA Jr, Baccetti T, Franchi L, Sarver DM. Long-term effects of Class III treatment with rapid
maxillaryexpansion and facemask therapy followed by fixed appliances. Am J Orthod Dentofacial Orthop.
2003;123:306-20.
Von Bremen J, Pancherz H. Efficiency of early and late Class II Division 1 treatment. Am J. Orthod Dentofac Orthop.
2002;121: 31-37.
Wheeler TT, McGorray SP, Dolce C, Taylor MG, King GJ. Effectiveness of early treatment of Class II malocclusion.
Am J OrthodDentofacial Orthop. 2002;121:9-17.
Problematiche verticali
Le anomalie verticali possono determinare sia alterazioni dell’estetica facciale che problematiche di
tipo funzionale e richiedono un intervento precoce al fine di ripristinare fisiologiche condizioni
ambientali e funzionali e favorire una crescita fisiologica dei mascellari. Un aumento della
dimensione verticale (morso aperto-open bite) può, peraltro, determinare anche alterazioni della
funzione masticatoria, mentre un’evidente diminuzione (morso profondo-deep bite) può sostenere
problematiche parodontali a carico, in particolare, degli incisivi superiori ed inferiori. Ancora
discusso è il ruolo del deep bite nella patogenesi dei disordini cranio-mandibolari. Le alterazioni
verticali si possono presentare come forme isolate o associate a problematiche sui piani sagittale e
trasversale.
Fattori ereditari ed ambientali giocano un ruolo determinate nell’eziopatogenesi delle
problematiche verticali. Implicazioni funzionali concorrono in modo rilevante all’insorgenza ed
all’evoluzione di tali quadri clinici e, se non risolte, possono contribuire ad un’eventuale recidiva.
Relativamente all’inquadramento clinico, si distinguono forme scheletriche, dento-alveolari e
funzionali; nella maggior parte dei casi, tuttavia, la malocclusione è espressione di una loro
combinazione. La dimensione verticale viene valutata esaminando i rapporti di proporzionalità tra
terzo superiore, medio ed inferiore del viso.
I quadri clinici caratterizzati da alterazioni sul piano verticale sono il morso aperto o open-bite ed il
morso profondo o deep-bite.
Le forme di open-bite possono presentare un overbite negativo, e sono spesso associate ad
alterazioni funzionali (es. abitudini viziate o respirazione orale). Possono essere distinte in
scheletriche e dento-alveolari:
► i morsi aperti scheletrici sono, in genere, riconducibili ad un eccesso di sviluppo verticale
del mascellare superiore; è possibile evidenziare faccia lunga, incompetenza labiale a riposo
(> 4 mm), evidente sorriso gengivale e, nei quadri di Classe I scheletrica, ma soprattutto di
Classe II, scarsa prominenza del mento per la post-rotazione della mandibola. Le arcate
dentali si possono presentare strette, il palato ogivale, i denti anteriori vestibolarizzati e
l’over-bite negativo. I piani mascellare e mandibolare possono risultare inclinati, in evidente
iperdivergenza; sono presenti inclinazione distale del condilo ed angolo goniaco ottuso;
► i morsi aperti dento-alveolari sono dovuti ad estrusione dei molari e/o ad intrusione dei
denti del gruppo frontale.
In presenza di problemi funzionali, l’interposizione della lingua o l’ostacolo meccanico del
dito o della tettarella possono determinare una beanza anteriore, talvolta a partire dai primi
premolari e/o dai canini con conseguente infra-eruzione degli incisivi superiori e/o inferiori.
Nelle forme dentali e funzionali “pure” l’anomalia non interessa le basi ossee; la dimensione
verticale inferiore può, infatti, risultare normale o addirittura ridotta, in particolare nei
soggetti brachifacciali. Nei casi in cui il morso aperto risulta limitato al settore anteriore si
parla più correttamente di beanza anteriore.
Le forme di morso profondo si manifestano, in genere, con un deficit della dimensione verticale e
sono caratterizzati da un aumento del valore di overbite. E’ possibile distinguere forme scheletriche,
dentali, muscolari e miste.
Da un punto di vista estetico è possibile evidenziare, in soggetti brachicefali, una faccia larga e
squadrata, una distanza labbro superiore-mento diminuita, un approfondimento del solco
sottolabiale ed una sporgenza relativa del mento.
A livello intraorale si apprezzano arcate ampie e squadrate, talvolta anche presenza di diastemi ed
aumento dell’overbite; nelle forme più gravi i margini degli incisivi inferiori articolano con il
palato.
Nei quadri di morso profondo dento-scheletrico si osserva, talvolta, un’aumentata eruzione degli
incisivi con ridotta eruzione dei denti latero-posteriori e conseguente accentuazione della curva di
Spee; può essere rilevabile una ipodivergenza con tendenza al parallelismo dei piani mascellare e
mandibolare, un angolo goniaco chiuso conseguente ad ante-rotazione della mandibola, eccessiva
altezza del ramo mandibolare e crescita condilare in alto ed in avanti.
Nelle forme dento-alveolari “pure”, l’anomalia è limitata agli elementi dentali, in particolare ad
un’eccessiva eruzione dei denti anteriori mentre la dimensione verticale scheletrica non risulterebbe
alterata.
Ulteriori fattori dentali di tipo locale, potenzialmente correlati a quadri di deep bite, sono le
agenesie multiple, in grado di aggravare la riduzione della dimensione verticale, soprattutto in
soggetti con tipologia brachifacciale.
La diagnosi consiste in un esame clinico intraorale in cui si osservano le arcate dentali, le relazioni
occlusali nei tre piani dello spazio, le caratteristiche e la postura dei tessuti molli, in particolare
della lingua, sia in fase statica che dinamica, durante la deglutizione e la fonazione.
Inoltre, con lo studio dei modelli è rilevabile un’analisi precisa dell’occlusione; un’eventuale
raccolta di fotografie extraorali ed intraorali può essere utile per valutare i rapporti di
proporzionalità tra terzo superiore, medio ed inferiore del viso, oltre che eventuali asimmetrie.
La valutazione cefalometrica sulla teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale e, quando
il clinico lo ritenga necessario, sulla postero-anteriore, può concorrere a formulare una diagnosi
differenziale sull’origine scheletrica, alveolo-dentale o mista dell’anomalia.
In particolare, dal tracciato cefalometrico in proiezione laterolaterale è possibile valutare la
divergenza tra mascellare superiore e mandibola e la direzione di crescita, potendo così classificare
il tipo scheletrico facciale e la natura dell’anomalia. Vengono, altresì, valutate le posizioni dei denti
relativamente alle ossa basali ed ai tessuti molli.
Sulla base dei dati raccolti, se ritenuto necessario, si può richiedere la consulenza di un altro
specialista (es. chirurgo maxillo-facciale, otorinolaringoiatra, foniatra), per completare il quadro
diagnostico.
Un corretto inquadramento diagnostico e l’età del paziente, nonché le diverse implicazioni verticali
e trasversali, risultano determinanti ai fini della programmazione terapeutica.
La precocità delle manifestazioni cliniche suggerisce l’adozione di terapie che si oppongono alla
tendenza di crescita e che favoriscono il controllo degli atteggiamenti funzionali che tendono ad
accentuare l’evoluzione sfavorevole dell’anomalia.
I diversi quadri di malocclusione possono essere risolti solo ortodonticamente nelle forme a
prevalente componente dentale o nei casi borderline.
Nei soggetti in crescita si può tentare di correggere e/o almeno controllare la discrepanza verticale
scheletrica, intervenendo con una mirata terapia miofunzionale associata ad una terapia ortopedicoortodontica.
Nei soggetti a termine crescita le forme basali da alterato sviluppo delle ossa mascellari possono
essere corrette ricorrendo ad un approccio chirurgico-ortodontico.
• Le alterazioni sul piano verticale si possono presentare come forme isolate o associate
a problemi sui piani sagittale e trasversale.
• Un aumento della dimensione verticale (open-bite) può determinare alterazioni della
funzione masticatoria, mentre un’evidente diminuzione della dimensione verticale
(deep-bite) può essere causa di problemi parodontali a carico soprattutto degli incisivi
superiori ed inferiori.
• La precocità delle manifestazioni cliniche suggerisce l’adozione di terapie che possano
opporsi alla tendenza di crescita e favorire il controllo delle alterazioni posturali e
funzionali, che tendono ad accentuare l’evoluzione sfavorevole dell’anomalia, con
possibili implicazioni estetiche. Un intervento precoce può ripristinare condizioni
ambientali e funzionali corrette ed una fisiologica crescita dei mascellari.
• Nel trattamento delle alterazioni verticali risulta fondamentale una diagnosi ed una
correzione precoce dell’anomalia con l’eliminazione delle abitudini viziate
eventualmente presenti, l’individuazione e successiva risoluzione di problematiche
respiratorie e con una rieducazione della muscolatura e della funzione linguale.
• Può essere prevista una valutazione logopedica e otorinolaringoiatrica con la finalità
di ripristinare e stabilizzare una corretta funzione, al fine di evitare recidive e
garantire la stabilità della correzione ortodontica.
Bibliografia
Giannì E. La nuova ortognatodonzia. Vol. 2/I-2/II. Ed. Piccin 1980.
Janson G, Crepaldi MV, de Freitas KM, de Freitas MR, Janson W. Evaluation of anterior open-bite treatment with
occlusaladjustment.Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2008;134:10-1.
Lentini-Oliveira D, Carvalho FR, Qingsong Y et al. Orthodontic and orthopaedic treatment for anterior open bite in
children.Cochrane Database Syst Rev. 2007 Apr 18;(2):CD005515.
Millett DT, Cunningham SJ, O’Brien KD et al. Orthodontic treatment for deep bite and retroclined upper front teeth in
children.Cochrane Database Syst Rev. 2006 Oct 18;(4):CD005972.
Ngan P, Fields HW. Open bite: a review of etiology and management. Pediatr Dent. 1997;19:91-8.
Proffit WR. Ortodonzia moderna. Masson 1995.
Ren Y. Treating anterior open bite. Evid Based Dent. 2007;8:83.
Sfondrini G, Gandini P, Beccari S et al. Linee guida per la terapia ortopedica ed ortodontica. Ed. Martina 2000.
Problematiche di gestione dello spazio in arcata
Sono di frequente riscontro e possono, in genere, derivare da disarmonia tra dimensioni dei denti e
delle arcate basali con carenza di spazio (affollamento dentario) o eccesso di spazio (diastemi); da
perdita precoce di elementi decidui con conseguente migrazione di denti permanenti contigui e
perdita di spazio per i corrispondenti permanenti non ancora erotti o parzialmente erotti; da agenesia
di uno o più elementi dentari con problematiche di gestione dello spazio; da anomalie nella permuta
e nell’eruzione dentaria con ectopie e/o inclusione di denti permanenti.
Per una corretta diagnosi i criteri e gli strumenti diagnostici utilizzati sono quelli della semeiotica
tradizionale: raccolta di dati anamnestici ed approfondito esame clinico, con particolare attenzione
alla forma ed alle caratteristiche extra-orali, all’analisi della muscolatura oro-facciale e dei tessuti
molli e, infine, alle specifiche caratteristiche della dentatura e dei tessuti parodontali.
I dati clinici possono essere integrati con quelli rilevati dall’analisi dei modelli in gesso, che nel
riprodurre le arcate dentali consentono di valutare i rapporti dento-basali, dento-dentali, intra-arcata
ed interarcata, in particolare relativamente ai diametri trasversali.
L’odontoiatra può ricorrere all’ortopantomografia delle arcate dentarie per valutare la presenza
degli elementi dentali, la reciproca posizione ed eventuali anomalie dentali di numero, posizione,
sede, talvolta anche di forma, eventuali lesioni (cariose, endodontiche, parodontali, cistiche, etc).
Sebbene l’ortopantomografia non garantisca il dettaglio anatomico dei radiogrammi endorali,
consente di avere una visione generale delle arcate dentali e delle strutture alveolari ed ossee. In
caso di dubbio diagnostico possono rendersi necessari radiogrammi endorali, periapicali o occlusali,
e/o, qualora il clinico lo ritenga necessario, indagini tridimensionali (3D). In particolare nei quadri
di inclusione dentale, le indagini 3D consentono non solo di stabilire la corretta posizione nei tre
piani dello spazio dell’elemento incluso ma anche di valutarne i rapporti con i denti contigui.
La teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale consente di individuare caratteristiche
scheletriche e posizione antero-posteriore della dentatura, nonché l’inclinazione degli elementi
dentali rispetto alle basi mascellare e mandibolare, fattori spesso determinanti nella scelta di una
terapia finalizzata al recupero di spazio.
La programmazione terapeutica varia a seconda della problematica di gestione dello spazio:
• in caso di disarmonia tra le dimensioni dei denti e delle arcate basali, va individuato il
cosiddetto limite anteriore e trasversale della dentatura, sebbene, di fatto, non esistano in merito
parametri oggettivamente riconosciuti che garantiscono la correttezza del trattamento e la
conseguente stabilità.
• in caso di perdita precoce di elementi decidui con conseguente migrazione dei denti
permanenti contigui e perdita di spazio per i corrispondenti permanenti non ancora erotti o
parzialmente erotti, risulta prioritario mantenere la continuità dell’arcata, ripristinando, in primis,
morfologia e dimensione degli elementi dentali della prima dentizione se affetti da lesioni cariose;
in seguito alla perdita precoce di un elemento deciduo, risulta determinante l’applicazione di un
mantenitore di spazio per il corrispondente permanente; qualora sia già avvenuta la migrazione dei
denti permanenti può risultare opportuno ricorrere a procedure di recupero dello spazio e di
riallineamento/riposizionamento dei denti migrati.
• in caso di agenesia di uno o più elementi dentari con conseguenti problematiche di gestione
dello spazio è richiesta un’approfondita valutazione.
Dopo i terzi molari, gli elementi dentari maggiormente interessati da agenesie sono i secondi
premolari inferiori, gli incisivi laterali superiori, i secondi premolari superiori. Un ritardo di
permuta di uno o più elementi dentari permanenti, rispetto all’epoca prevista di eruzione, può
indurre il sospetto di un quadro di agenesia, suggerendo al clinico la prescrizione di un’indagine
ortopantomografica per avere la certezza diagnostica. Il piano di trattamento deve essere stabilito in
base all’età del soggetto, alla tipologia facciale, al profilo, al quadro occlusale complessivo ed ai
parametri cefalometrici. In base ai parametri estetici, scheletrici, funzionali e dentali (es. eventuale
presenza di affollamento o di diastemi, stato dento-parodontale degli elementi presenti) è possibile
stabilire la soluzione terapeutica più opportuna.
Due sono, sostanzialmente, le possibili soluzioni terapeutiche: chiusura degli spazi del/i dente/i
agenesico/i o la sostituzione protesica tradizionale (protesi convenzionale o adesiva) o
implantoprotesica. La chiusura degli spazi ha il beneficio di evitare la riabilitazione protesica, ma
richiede, preferibilmente, un intervento ortodontico precoce, con un periodo di contenzione a lungo
termine ed un eventuale intervento di coronoplastica correttiva. L’intervento protesico e/o
implantoprotesico deve essere, comunque, procrastinato a termine di crescita.
Con l’eccezione di situazioni limite (buona occlusione in presenza di spazio degli elementi
mancanti/chiusura quasi completa dello spazio), entrambe le soluzioni presentano vantaggi e
svantaggi nell’attenta considerazione di molteplici fattori, tra i quali, non da ultimo, la disponibilità
del paziente a sottoporsi ad un lungo trattamento ortodontico.
• quadri di disarmonia dento-basale possono aversi in caso di anomalie nella permuta e
nell’eruzione dentaria con gravi ectopie o inclusione di denti permanenti.
I casi di ectopia dentaria sono da ricondurre ai più generici quadri di disarmonia dento-basale con
affollamento dentario, rappresentandone una forma più complessa.
Diversa è la valutazione in caso di inclusioni di elementi dentari. Fatta eccezione per gli ottavi,
obiettivo primario dovrebbe sempre essere il recupero del dente incluso, in particolare in caso di
inclusione di denti frontali e dei canini superiori per il rilevante ruolo estetico dei primi e funzionale
dei secondi.
Nei diversi quadri di inclusione, qualora ve ne siano le indicazioni da parte del clinico, possono
essere richieste indagini 3D, che garantiscono una rappresentazione tridimensionale dell’elemento
dentale incluso, in termini morfologici e posizionali e dei suoi rapporti con gli elementi contigui.
Tali valutazioni tridimensionali possono risultare determinanti sia ai fini prognostici, che
terapeutici.
Le procedure di disinclusione devono avvalersi, con l’eccezione di casi molto semplici, di
apparecchiature che consentano un attento controllo degli spostamenti degli elementi inclusi.
• La continuità delle arcate dentali va garantita con la cura tempestiva degli elementi
decidui, al fine di prevenire perdita di “sostanza dentale”, evitando così mesioinclinazioni,
mesializzazioni, rotazioni di elementi contigui –che comporterebbero
perdita di spazio in arcata – ed estrusioni degli antagonisti, con possibili ulteriori
ripercussioni sui rapporti interarcata.
• Nei quadri clinici più complessi (es. agenesie, infraocclusione del deciduo, con
contestuale distopia del permanente o agenesia, inclusioni dentali) devono essere
adeguatamente considerati i diversi parametri clinici e radiografici, età ed esigenze del
paziente, valutazione ed inquadramento dell’intera problematica nei tre piani dello
spazio, ricorrendo, se ritenuto necessario dal clinico, anche ad indagini tridimensionali.
• Le indagini radiografiche 3D possono risultare utili, in particolare, nei quadri di
inclusione di elementi dentali, per il cui recupero risulta indicato un approccio
combinato chirurgico-ortodontico. Nel fornire una rappresentazione tridimensionale
delle arcate dentali, si “riproducono” aspetti morfologici e posizionali dell’elemento
incluso, con un’attenta valutazione dei rapporti tra dente incluso e strutture contigue,
determinanti non solo ai fini diagnostici, ma anche prognostici e terapeutici.
• L’approccio chirurgico-ortodontico deve tener conto della posizione non solo della
corona del dente incluso, ma anche della radice, al fine di poter ottenere una corretta
inclinazione corono-radicolare dell’elemento dentale riposizionato in arcata.
Bibliografia
Brothwell DJ. Guidelines on the use of space maintainers following premature loss of primary teeth. J Can Dent Assoc.
1997; 63:753,757-60, 764-6.
Barbato E, Malagola C. Canini inclusi. Valutazioni diagnostiche. Parte I. Dossier. Dental Cadmos 63(10):11-37;1995
Becker A. The orthodontic treatment of impacted teeth. Informa Healthcare, UK, 2008.
Bishara SE. Manuale di Ortodonzia, Ed It. Antonio Delfino Editore 2006.
Duterloo HS. An Atlas of Dentition in Childhood: orthodontic diagnosis and panoramic radiology. London- Wolfe,
1991.
Fields HW, Proffit WR, Sarver DM. Ortodonzia Moderna (III edizione). Elsevier Masson, 2008.
Laing E, Ashley P, Naini FB, Gill DS. Space maintenance. Int J Paediatr Dent. 2009;19:155-62.
Lin YT, Lin WH, Lin YT. Immediate and six-month space changes after premature loss of a primary maxillary first
molar. J Am DentAssoc. 2007;138:362-8.
Park K, Jung DW, Kim JY. Three-dimensional space changes after premature loss of a maxillary primary first molar.
Int J PaediatrDent. 2009;19:383-9. Epub 2009 Apr 16.
Sabri R. Management of over-retained mandibular deciduous second molars with and without permanent successors.
World J Orthod.2008; 9:209-20.
Tunison W, Flores-Mir C, ElBadrawy H, Nassar U, El-Bialy T. Dental arch space changes following premature loss of
primary firstmolars: a systematic review. Pediatr Dent. 2008;30:297-302.
Van der Linden FPGM, Duterloo HS. Development of the dentition Chicago: Quintessence Publishing Co., 1983
Asimmetrie
Rappresentano delle alterazioni del complesso dento-maxillo-facciale, per il cui corretto
inquadramento è richiesta un’attenta valutazione dentale, scheletrica e funzionale. Possono
manifestarsi precocemente, come alterazione della componente dento-alveolare e scheletrica;
altrettanto precocemente devono essere trattate, per prevenire l’instaurarsi e/o lo stabilizzarsi delle
alterazioni scheletriche.
Forme più rare possono manifestarsi più tardivamente; in tali quadri clinici un intervento precoce
non sortisce alcun effetto e, talvolta, può essere controindicato; è preferibile, quindi, intervenire a
termine di crescita con un approccio ortodontico-chirurgico.
Il problema delle asimmetrie rappresenta uno dei più difficili da affrontare, sia per la complessità
dell’iter diagnostico e della valutazione prognostica che per il timing di trattamento. Quest’ultimo
richiede un’attenta considerazione dei fattori eziopatogenetici che concorrono all’instaurarsi del
quadro clinico.
Da un punto di vista eziopatogenetico nonché clinico risulta opportuno distinguere le asimmetrie in
posizionali o funzionali, strutturate e da alterata crescita.
• Le asimmetrie posizionali o funzionali trovano il proprio momento eziopatogenetico in una
contrazione dento-alveolare dell’arcata superiore riconducibile ad un alterazione funzionale (es.
un’abitudine viziata, un alterato modello di respirazione), ad un’interferenza occlusale, in genere a
livello dei canini decidui o ad una reale micrognazia del mascellare superiore, con conseguente
latero-deviazione mandibolare e morso crociato monolaterale. In taluni quadri clinici, caratterizzati
dalla presenza di morso profondo e da rapporti di neutro-occlusione, la tendenza alla rotazione della
mandibola (rotazione interna), sia posizionalmente che con il suo complesso dento-alveolare, può
esitare in rapporti occlusali asimmetrici di Classe I da un lato e di Classe II dal lato opposto.
• Le asimmetrie strutturate sono, in genere, espressione dell’evoluzione di asimmetrie posizionali
non trattate e, quindi, conseguenti ad una precoce crescita asimmetrica della mandibola, con una
relativa riduzione del versante mandibolare, corrispondente al lato del crossbite ed un allungamento
vicariante del versante controlaterale. Il complesso articolare omolaterale al crossbite non si
accresce anteriormente mentre il controlaterale tende a spostarsi in senso anteriore e verso il basso.
Analoghe considerazioni possono essere formulate nei quadri di “rotazione interna”, nei quali non
risulta presente un cross-bite bensì un morso profondo; anche tali forme tendono a strutturarsi
preliminarmente nella componente dento-alveolare e, poi, in quella basale.
Le asimmetrie posizionali o funzionali e le asimmetrie strutturate possono presentarsi in epoca
molto precoce, già in dentizione decidua, e sono, in genere, riconducibili ad una lieve contrazione
del mascellare superiore, con latero-deviazione mandibolare, crossbite monolaterale, deviazione
della linea mediana inferiore omolaterale al crossbite, che si ricentra in apertura (vedi disgnazie
trasversali). E’presente un contestuale basculamento del piano occlusale superiore con estrusione
compensatoria degli elementi dentali dell’arcata mascellare. Nel tempo l’asimmetria si presenta più
evidente, il mento deviato, gli angoli goniaci non simmetrici e, in particolare, quello controlaterale
alla deviazione è più aperto; infine, sul lato della deviazione, il mascellare superiore risulta
basculato in basso. Anche le forme con “rotazione interna” si sviluppano precocemente; sono
caratterizzate da morso profondo e rapporti occlusali asimmetrici, Classe I su di un versante e
Classe II su quello controlaterale.
• Le asimmetrie da alterata crescita possono essere distinte in due differenti forme: da aumentata
crescita e da diminuita crescita.
Le asimmetrie da aumentata crescita, caratterizzate da allungamento emimandibolare,
iperplasia emimandibolare monolaterale o ipercondilia monolaterale, possono svilupparsi in
epoca molto precoce e possono essere causa di insuccessi, quando il trattamento viene
intrapreso precocemente; più spesso si manifestano in età adolescenziale in soggetti tendenti
alla Classe III.
Nelle forme da allungamento emi-mandibolare, la mandibola può presentarsi strutturalmente
più lunga da un lato, sia nel ramo che nel segmento orizzontale che può apparire talvolta più
sottile, l’angolo goniaco omolaterale più aperto ed il mento deviato contro-lateralmente; si
riscontra crossbite controlaterale e deviazione della linea mediana inferiore consensuale; il
mascellare superiore tende spesso alla micrognazia e, comunque, si presenta basculato in
basso dal lato dell’alterazione; in visione frontale gli angoli goniaci possono presentarsi alla
stessa altezza; in apertura non si assiste ad un ricentramento delle linee mediane, bensì ad un
aggravamento della deviazione.
Nell’iperplasia emi-mandibolare monolaterale il ramo e la branca orizzontale della
mandibola, sul versante interessato dall’asimmetria, possono risultare allungati e,
soprattutto, di maggiore spessore con un angolo goniaco più chiuso; i denti dell’arcata
inferiore in genere si presentano inclinati dal lato interessato, situazione che può esitare in
un morso aperto laterale; la linea mediana può non essere deviata ovvero presentarsi
“inclinata” dal lato affetto; in visione frontale gli angoli goniaci si presentano “sfalsati”, con
l’angolo goniaco di un lato più basso rispetto al controlaterale, così come il margine
inferiore della mandibola, mentre il mento non risulta deviato; in apertura la mandibola
devia verso il lato interessato.
L’ipercondilia, alterazione che si manifesta in maniera abbastanza rapida ed improvvisa in
genere verso termine crescita, è riconducibile ad un anomalo sviluppo condilare, sia in
lunghezza, che in volume, con contestuale variabile deformazione. Può sostenere una
deviazione mandibolare verso il lato controlaterale all’alterazione, con deviazione della linea
mediana inferiore, apertura del morso omolaterale ed, in genere, assenza di compensi dentali
mascellari in senso verticale, dato il repentino evolversi dell’anomalia.
Il contestuale riscontro di forme miste ne rendono difficile la collocazione in una delle
categorie precedenti. A differenza delle forme posizionali strutturate, i disturbi articolari
temporo-mandibolari, se presenti, sono tendenzialmente controlaterali allo spostamento del
mento ed omolaterali all’alterazione.
Nell’ambito delle forme da diminuita crescita possono essere distinte le forme da ipoplasia
emimandibolare (microsomiaemifacciale, embriopatia discondrogenetica) o ipoplasia
condilare monolaterale (spesso congenita o post-traumatica). Quest’ultima difficilmente si
manifesta in forma pura; è spesso associata ad iperplasia ed elongazione monolaterale, con i
segmenti ridotti, un condilo tendente all’ipoplasia e con collo corto; si riscontrano
deviazione della linea mediana e del mento. L’ipoplasia condilare può essere congenita,
sebbene talvolta riconosca una causa traumatica; la deviazione del mento omolaterale si
accentua in apertura.
Dal punto di vista diagnostico, nell’ambito delle asimmetrie posizionali o funzionali e delle
asimmetrie strutturate, all’esame clinico extra-orale è possibile rilevare segni di asimmetria con
deviazione del mento, che si ricentra in apertura. L’esame clinico intra-orale confermerà tale
rilevamento, con il riscontro di un morso crociato monolaterale o morso profondo, linea mediana
deviata dal lato del morso crociato. Possono essere presenti rapporti dentali asimmetrici con
tendenza di Classe II sul lato del crossbite e di Classe III sul controlaterale. L’entità del
ricentramento della linea mediana in apertura è proporzionale al contributo funzionale dato
all’asimmetria e si riduce progressivamente, contestualmente alla strutturazione dell’asimmetria.
Inoltre, un attento esame funzionale delle strutture muscolari e delle articolazioni temporomandibolari
risulta determinante per il potenziale rischio di disordini temporo-mandibolari.
Nell’ambito delle indagini radiografiche, l’ortopantomografia consente di avere indicazioni
preliminari sulle caratteristiche morfologiche e strutturali, sebbene poco attendibili nella
valutazione degli aspetti dimensionali. La teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore
risulta utile ai fini diagnostici e prognostici, supportata eventualmente da ulteriori indagini
bidimensionali, quali la teleradiografia del cranio in proiezione sub-mentovertice e le radiografie
oblique della mandibola, qualora il clinico lo ritenga necessario.
Per le asimmetrie da alterata crescita, all’esame clinico extra-orale è possibile rilevare peculiari
caratteristiche morfologiche mandibolari e degli angoli goniaci; in massima apertura è possibile
rilevare una devizione mandibolare. A livello intra-orale è riscontrabile una peculiare inclinazione
degli elementi dentali e un morso aperto. Tali caratteristiche e segni, se presenti, sono molto
attenuati nella prima infanzia.
Dal punto di vista diagnostico strumentale, l’ortopantomogafia consente di avere indicazioni
preliminari sulle caratteristiche morfologiche e strutturali, sebbene poco attendibile nella
valutazione degli aspetti dimensionali. La teleradiografia del cranio in proiezione postero-anteriore
può risultare utile ai fini diagnostici e prognostici, supportata eventualmente, qualora il clinico le
ritenga necessarie, da ulteriori indagini bidimensionali, quali teleradiografie del cranio in proiezione
sub-mento-vertice e oblique della mandibola e le stratigrafie delle articolazioni temporomandibolari,
o eventuali indagini tridimensionali (TC, TC 3D). Può risultare, infine, indicato
ricorrere ad una scintigrafia ossea per accertare eventuali residui di crescita in ordine al timing della
terapia chirurgica, ove ritenuto necessario.
Il trattamento delle asimmetrie posizionali o funzionali e delle asimmetrie strutturate dovrebbe
essere precoce, per prevenire o limitare gli effetti della strutturazione scheletrica dell’asimmetria,
sfruttando il periodo di crescita. In alcuni casi, la terapia è in grado di ripristinare corretti rapporti
maxillo-mandibolari.
Nel soggetto in crescita possono risultare indicati:
• un’espansione dell’arcata superiore di tipo lento, con effetto dento-alveolare, in caso di
contrazione moderata;
• un’espansione dell’arcata superiore di tipo rapido, con diastasi della sutura palatina
mediana, se l’anomalia trasversale è riconducibile ad un’alterazione scheletrica;
• la correzione del morso profondo nei casi di rotazione interna.
Possono essere, altresì, utilizzate apparecchiature funzionali, per favorire il ricentramento
mandibolare ed un recupero di crescita simmetrica o nella fase di contenzione.
In età adolescenziale l’approccio terapeutico deve porre particolare attenzione al ricentramento
della mandibola, per non provocare disturbi articolari.
In età adulta, la soluzione non può essere che ortodontico-chirurgica poichè la componente
posizionale di deviazione risulta ridotta al minimo.
Nei quadri di rotazione interna all’espansione va aggiunta la correzione del morso profondo più
precoce possibile, per permettere la risimmetrizzazione della mandibola e della componente dentoalveolare
correlata.
Nelle asimmetrie da alterata crescita, la particolare natura di crescita aumentata e l’alterazione non
controllabile, ma ancor più la presenza di sintomi disfunzionali, che si aggraverebbero
simmetrizzando la posizione, devono far desistere da terapie ortopediche mirate a ricentrare la
mandibola. In più, se durante la terapia di compenso di un’asimmetria mandibolare, si nota la
refrattarietà alla correzione, va posto subito il dubbio diagnostico.
La terapia si avvale, quindi, a fine crescita, di un approccio ortodontico-chirurgico finalizzato sia
alla correzione dell’occlusione che alla risoluzione della asimmetria scheletrica, con il
miglioramento del profilo facciale.
• Già in dentizione decidua, è necessario porre particolare attenzione a possibili
crossbite monolaterali conseguenti a latero-deviazione mandibolare e riconducibili a
contrazioni del mascellare superiore, all’eventuale presenza di contestuale
basculamento del piano occlusale superiore, estrusione compensatoria di elementi
dentali dell’arcata mascellare, che nel corso degli anni possono esitare in forme di
asimmetrie strutturali.
• Particolare attenzione va posta alle meno evidenti, ma ugualmente subdole, forme da
“rotazione interna”, che si sviluppano precocemente e sono caratterizzate da morso
profondo ed asimmetrici rapporti occlusali.
• Nei quadri clinici da crescita aumentata, l’alterazione risulta difficilmente
controllabile. Il riscontro contestuale di sintomi disfunzionali, che si aggraverebbero in
caso di trattamento finalizzato alla simmetrizzazione dell’occlusione, devono far
desistere da terapie ortopediche/ortodontiche mirate a ricentrare la mandibola.
Bibliografia
Azevedo AR, Janson G, Henriques JF, Freitas MR. Evaluation of asymmetries between subjects with Class II
subdivision andapparent facial asymmetry and those with normal occlusion. Am J Orthod Dentofacial Orthop.
2006;129:376-83.
Haraguchi S, Iguchi Y, Takada K. Asymmetry of the face in orthodontic patients. Angle Orthod. 2008;78:421-6.
Harrison JE, Ashby D. Orthodontic treatment for posterior crossbites. Cochrane Database Syst Rev. 2001;1.
Kecik D., Kocadereli I, Saatci I. Evaluation of the treatment changes of functional posterior crossbite in the mixed
dentition. Am JOrthod Dentofacial Orthop. 2007;131:202-15.
Kennedy DB, Osepchook M. Unilateral Posterior Crossbite with Mandibular Shift: A Review. J Can Dent Assoc
2005;71:569–73.
Mc Namara J.A. Jr. Early intervention in the transverse dimension: is it worth the effort?. Am. J. Orthod Dentofacial
Orthop 2002;121: 572-4.
Obwegeser JA. Maxillary and midface deformities: characteristics and treatment strategies. Clin Plast Surg.
2007;34:519-33. Review.
Obwegeser HL, Makek MS. Hemimandibular hyperplasia–hemimandibular elongation. J Maxillofac Surg.
1986;14:183-208.
Rebellato J. Asymmetric extractions used in the treatment of patients with asymmetries. Semin Orthod. 1998;4:180-8.
Yazdani J, Talesh KT, Motamedi MH, Ghavimi MA. Changes in the gonial Angle Following Bilateral Sagittal Split
Osteotomy andVertical Ramus Osteotomy for Mandibular Excess. Eplasty. 2010; 10: e 20. Published online 2010
February 23.
Problematiche multidisciplinari
A causa dell’aumentata richiesta da parte di individui adulti di trattamento ortodontico, a scopo
estetico o funzionale, si rende necessario, a volte, il coinvolgimento sinergico della chirurgia
maxillo-facciale, della parodontologia e della protesi. Il trattamento ortodontico può, talvolta,
agevolare l’intervento parodontale e protesico nella risoluzione di problematiche occlusali.
Successivamente alla fase diagnostica, è prevista l’individuazione di obiettivi terapeutici ed un
“timing”individualizzato dei diversi interventi, in considerazione delle diversità delle problematiche
cliniche, in termini di procedure e modalità di trattamento.
Alterazioni dento-maxillo-facciali – Ortodonzia prechirurgica (Casi chirurgici-ortodontici e
borderline)
La linea di confine tra “paziente ortodontico” e “chirurgico” non è sempre così netta. Tra i due
estremi si pongono quei casi definiti “borderline” che possono essere trattati o con un intervento
ortodontico di compenso dentario (camouflage) oppure con trattamento chirurgico di
riposizionamento dei mascellari nei tre piani dello spazio.
Un trattamento ortodontico-prechirurgico si pone obiettivi spesso totalmente opposti a quelli di un
trattamento ortodontico convenzionale; risulta, quindi, indicato stabilire preliminarmente
l’orientamento terapeutico, se ortodontico tradizionale o mirato ad un successivo approccio
chirurgico.
Previa un’attenta diagnosi, il piano di trattamento dovrà presentare precisi obiettivi terapeutici,
senza successivi ripensamenti.
Relativamente alle valutazioni diagnostiche, l’esame clinico risulta determinante in presenza di
indicazioni al trattamento ortodontico-chirurgico. Una valutazione sinergica e contestuale
dell’ortodontista con il chirurgo maxillo-facciale risulta importante per il raggiungimento del
risultato ottimale, tenendo in considerazione le esigenze e le aspettative del paziente.
I parametri rilevati all’esame clinico extra-orale, statico e dinamico, frontale e laterale, devono
essere poi correlati ai dati cefalometrici; la valutazione complessiva risulta dirimente ai fini
diagnostici, prognostici e terapeutici.
All’esame clinico extra-orale possono essere rilevati i rapporti tra le strutture del volto in posizione
statica e dinamica (sorriso, eloquio).
L’analisi del volto va eseguita secondo il concetto della “full face analisys” (radice, dorso ed ali del
naso, complesso malare, piano bizigomatico, solco naso-labiale, consistenza e spessore del labbro
superiore, lip-line, linea del sorriso, piano occlusale trasverso superiore ed inferiore, piano
biangolare, consistenza, spessore e posizione del labbro inferiore, regione mentale, profilo delle
branche orizzontali, angoli mandibolari, piano bigoniale, etc). Tale esame consente di ricavare
elementi estetici inerenti la caratteristiche del profilo, del naso (radice, punta, ali), dei rapporti
verticali tra i terzi del viso, del mento, la distanza mento-collo.
L’esame del terzo inferiore deve essere mirato all’individuazione delle caratteristiche anatomiche
della struttura mandibolare, in particolare nei casi in cui si evidenzi una prominenza mentale.
L’esame cefalometrico dei tessuti duri e molli del complesso dento-maxillo-facciale, eseguito sia
sulla teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale, che sulla teleradiografia del cranio in
proiezione postero-anteriore, ha un ruolo di fondamentale importanza in particolare nella diagnosi e
nel trattamento di tali malocclusioni dento-scheletriche.
Nella risoluzione di quei casi borderline che richiedono un intervento chirurgico-ortodontico, le
esigenze estetiche del paziente spesso prevalgono sulle valutazioni dentali e scheletriche, le quali
non sempre definiscono in modo univoco il limite netto tra caso chirurgico e caso ortodontico;
infatti, i diversi parametri cefalometrici, sebbene determinanti ai fini diagnostici, non sempre
definiscono chiaramente tale limite, a meno che non risultino francamente oltre la norma.
Le strategie di trattamento di tali alterazioni del complesso dento-maxillo-facciale richiedono la
valutazione di diverse variabili quali le caratteristiche e gravità della malocclusione ed, in
particolare, l’età del paziente e le implicazioni estetiche e psicosociali.
Età del paziente – I quadri clinici ortodontici con maggior successo sono quelli di Classe II,
in virtù delle possibilità di stimolare la crescita condilare, con correzione della discrepanza
sagittale scheletrica mediante procedure ortopedico-funzionali, che troverebbero la massima
espressione durante il picco di crescita mandibolare; secondo alcuni Autori, tuttavia, si
potrebbero ottenere correzioni scheletriche anche intervenendo in età più avanzata.
Nei quadri clinici di Classi III, la correzione ortopedica appare più complessa, soprattutto in
presenza di sindromi progeniche. La prognosi di tali malocclusioni risulta essere, comunque,
riservata e può aggravarsi nell’evenienza in cui si sovrapponga alla malocclusione di base
(dimensione sagittale) una sfavorevole tipologia facciale (dimensione verticale) o
un’asimmetria scheletrica (dimensione traversale). La contestuale presenza di evidenti
alterazioni nei tre piani dello spazio può deporre per un trattamento combinato ortodonticochirurgico.
Estetica e aspetti psicosociali – L’estetica facciale risulta connessa con le motivazioni e le
aspettative del paziente. L’autostima, intesa come valore della propria immagine nei rapporti
interpersonali, nonché la personalità, con note di emarginazione o difficoltà di inserimento
nel gruppo familiare, scolare e sociale risultano determinanti nella programmazione
terapeutica.
Le aspettative del paziente devono essere attentamente valutate e considerate al fine degli
effetti del trattamento, con minimo rischio di insuccesso. A tal proposito, particolare
attenzione deve essere posta all’utilizzo di immagini video nella pianificazione del
trattamento ortodontico-chirurgico, che, nel simulare i risultati terapeutici, faciliterebbero la
percezione del cambiamento estetico, con il rischio di creare nel paziente aspettative
vincolanti ed esporre il clinico ad un tacito obbligo di risultato del trattamento digitalmente
supportato.
La documentazione raccolta ai fini diagnostici viene valutata da ortodontista e chirurgo maxillofacciale;
quest’ultimo deve dare indicazioni riguardo agli spostamenti dei mascellari, possibilmente
anche in merito alla loro entità ed al tipo di intervento programmato per quel paziente. Gli elementi
forniti dal chirurgo sono fondamentali per l’ortodontista in quanto premessa necessaria per redigere
il VTO (Visualizzazione Obiettivi di Trattamento) ortodontico-chirurgico.
Il VTO ortodontico-chirurgico rappresenta un importante strumento per l’ortodontista poiché
permette di visualizzare complessivamente gli obiettivi chirurgici ed ortodontici sul piano sagittale,
trasversale e verticale. Può essere eseguito con la tecnica più familiare all’ortodontista,
manualmente o con l’aiuto di strumenti digitali/informatici, partendo da presupposti squisitamente
estetici oppure estetico-funzionali; può essere mostrato al paziente ma non deve, comunque, creare
aspettative vincolanti.
Il trattamento ortodontico-prechirurgico può essere eseguito con qualsiasi tecnica ortodontica. Al
termine di tale fase, qualche mese prima dell’intervento, è prevista l’applicazione di un apparecchio
multi-attacchi vestibolare, per esigenze intraoperatorie; archi rettangolari passivi a pieno spessore e
ganci consentiranno al chirurgo di applicare legature metalliche intraoperatorie.
Subito prima della fase chirurgica, tramite il VTO Chirurgico (di pertinenza del chirurgo maxillofacciale
e condiviso con l’ortodontista) si procede alla programmazione degli spostamenti chirurgici
dei mascellari con la previsione del risultato estetico finale. Si tratta di una programmazione
analoga a quella ortodontica-prechirugica, ma priva di spostamenti dentali. Può essere eseguito sia
in laterale che in frontale, manualmente o con ausili digitali/informatizzati.
Nei casi più complessi i modelli in gesso pre-chirurgici possono essere montati in articolatore a
valori medi, quindi sezionati e riposizionati sulle basi dell’articolatore secondo i movimenti previsti
con il VTO. In questa fase è possibile eseguire, se richiesto dal chirurgo, splints in resina intermedi
e/o finali utili per la stabilità intraoperatoria e postoperatoria.
Usualmente, dopo circa due settimane dall’intervento chirurgico, quando il paziente viene
nuovamente affidato all’ortodontista possono essere rimossi gli archi rettangolari a pieno spessore e
sostituiti con archi più leggeri.
L’uso di elastici verticali di guida concorre a migliorare l’intercuspidazione.
Contestualmente vengono prescritti esercizi di rieducazione funzionale.
Solitamente, dopo circa 50-60 giorni dall’intervento chirurgico, si può procedere con il
perfezionamento dell’allineamento dentale e dei rapporti occlusali, per un periodo di circa 4-6 mesi.
La stabilità dei risultati viene affidata alla contenzione che può essere attuata con apparecchiature
fisse (es. splints in filo metallico o materiali compositi) o rimovibili (es. placche, mascherine
termoformate, etc.). La durata della contenzione può essere variabile, mediamente è di 12-18 mesi,
sebbene, in alcuni casi, può essere permanente.
In pazienti affetti da disordini temporomandibolari devono essere rispettati particolari accorgimenti
terapeutici, ricorrendo talvolta all’utilizzo di bite a copertura totale.
• La risoluzione di quadri clinici definiti “borderline” rappresenta sicuramente una
delle maggiori criticità in ambito ortodontico e richiede particolari competenze.
• Data l’estrema labilità della linea di confine tra “paziente ortodontico” e
“chirurgico”, non sempre così netta, risulta determinante una corretta diagnosi
tridimensionale della malocclusione, al fine di stabilire se l’alterazione dentoscheletrica
può essere trattata “ortodonticamente”, con compensi dentali
(camouflage) o mediante un trattamento chirurgico-ortodontico di
riposizionamento dei mascellari nei tre piani dello spazio. Un trattamento
ortodontico prechirurgico si pone obiettivi concettualmente differenti rispetto a
quelli del trattamento ortodontico convenzionale.
• La pianificazione terapeutica deve essere condivisa con il paziente, in quanto
caratteristiche e gravità della malocclusione non rappresentano le uniche variabili
che concorrono alla scelta di un trattamento piuttosto che di un altro; rilevante
importanza assumono l’età del paziente e le implicazioni estetiche e psicosociali.
Bibliografia
Bell WH, Jacobs JD, Quejada JD. Simoultaneus repositioning of the maxilla, mandible and chin. Treatment planning
and analisysof soft tissues. Am. J. Orthod Dentofacial Orthop. 1986;89:28-50.
Clivio A, Buraglio C, Antonioli M, Piasente M. Strategie ortodontiche e funzionali in fase post-chirurgica Fase
terapeutica postchirurgicadel paziente disgnatico Giuseppe de Nicola Editore SIDOP 2004; 37-42.
Epker B, Fish L. Dentofacial deformities. Mosby Year Book. St. Louis Missouri, 1986.
Farronato G, Alicino C, Paini I, Tomasello G. Trattamento ortodontico postchirurgico:gestione dello splint occlusale
nella guida allaripresa funzionale Fase terapeutica post-chirurgica del paziente disgnatico SIDOP 2004;31-3.
Kinzinger G, Frye L, Diedrich P. Class II treatment in adults: comparing camouflage orthodontics, dentofacial
orthopedics andorthognathic surgery–a cephalometric study to evaluate various therapeutic effects. J Orofac Orthop.
2009;70:63-91.
Laino A. Il trattamento delle II Classi Border-Line. Quando il compenso ortodontico e quando la correzione chirurgica.
SICMF-SIDOP 2001; 7-1.9
Profitt WR.,White R.P. Ortodontia e Chirurgia Ortognatica Masson Milano 1997.
Raberin M. Orthodontic implications in the correction of the transverse dimension in orthognathic surgery.Rev
Stomatol ChirMaxillofac. 2001;102:325-33.
Ruf S, Pancherz H. Long.term TMJ effects of Herbst treatment: a clinical and MRI study. Am. J. Orthod Dentofacial
Orthop.1998;114:475-83.
Ortodonzia e parodontologia
Terapie ortodontiche effettuate su pazienti parodontopatici, nell’ambito di riabilitazioni occlusali o
di terapie elettive e localizzate, finalizzate a migliorare situazioni parodontali specifiche a carico di
singoli elementi dentali, devono prevedere un’integrazione con la terapia parodontale dalla fase
diagnostica alla stabilizzazione dei risultati ottenuti.
Le richieste più frequenti riguardano trattamenti ortodontici in soggetti con denti particolarmente
compromessi o terapie mirate a risolvere problemi condivisi ed in particolare riallineamenti e
riposizionamenti in chiave parodontale (es. correzione di inclinazioni assiali, apertura e chiusura
spazi, estrusioni ed intrusioni, stabilizzazione di elementi dentari parodontalmente compromessi,
etc).
Dal punto di vista clinico, la perdita di supporto parodontale può comportare migrazioni di elementi
dentali soprattutto in presenza di parafunzioni, così come la perdita e/o l’estrazione di elementi
dentari può favorire la migrazione di denti contigui alle zone edentule che si manifesta clinicamente
con la comparsa di diastemi, proinclinazioni, estrusioni, rotazioni, inclinazioni, etc. Tali quadri
clinici, oltre a provocare un evidente danno estetico, possono rendere problematica l’igiene del
paziente, contribuendo all’aggravamento dei processi flogistici a carico del parodonto. Inoltre,
possono rappresentare un ostacolo alle procedure di riabilitazione necessarie per il ripristino di una
piacevole estetica e di una buona funzione.
Un approfondito esame clinico ed eventuali indagini strumentali sono finalizzati a valutare le
condizioni iniziali del paziente, sia relativamente a problematiche ortodontiche di carattere generale
che alle condizioni parodontali al termine della terapia. Nel caso in cui la terapia risulti mirata alla
risoluzione di un problema specifico, la scelta degli esami strumentali più opportuni deve essere
stabilita dal clinico, sebbene è buona norma prescrivere radiografie endorali delle aree da trattare.
Nei casi complessi di riabilitazione può essere indicato ricorrere all’analisi dei modelli in gesso, ad
un’adeguata valutazione tramite radiografie endorali e ad eventuale teleradiografia del cranio in
proiezione latero-laterale.
Ulteriori esami strumentali possono essere prescritti a discrezione del clinico in base al tipo di
problematica oggettivata. L’esame delle fotografie extra ed intra-orali può essere utile in fase
diagnostica e per rilevare, a termine trattamento, gli effetti terapeutici.
Si rivela di fondamentale importanza una valutazione complessiva ortodontica e parodontale, al fine
di programmare il timing dei diversi interventi terapeutici ed i vari steps.
Relativamente alle strategie di trattamento di carattere generale, l’inizio della terapia
ortodontica è condizionato dalla completa risoluzione della flogosi a carico dei tessuti parodontali e
la sua prosecuzione necessita di un attento monitoraggio dell’igiene orale del paziente per l’intera
durata del trattamento.
Devono essere valutate con attenzione zone di accumulo di placca ed evitati traumi occlusali legati
agli spostamenti dei denti o a contatti prematuri, in quanto potrebbero essere responsabili di un
aggravamento della patologia parodontale. A tale scopo sono consigliate apparecchiature poco
ingombranti, facili da pulire ed in grado di esercitare forze leggere e ben controllate.
Al paziente vanno consigliate sedute di igiene professionale periodiche, la cui cadenza temporale è
legata anche alla capacità individuale di mantenere un buon livello di igiene orale. Secondo alcuni
Autori, l’incapacità da parte del paziente di mantenere una corretta igiene orale sarebbe una ragione
valida per interrompere la terapia.
Una volta perseguiti gli obiettivi stabiliti, in presenza di problemi parodontali severi, soprattutto se
associati a migrazioni dentali, si potrà ricorrere a procedure di contenzione permanente, ricorrendo
eventualmente a retainer applicati con resina sugli elementi interessati dal trattamento, qualora il
clinico lo ritenga necessario.
Il trattamento ortodontico in pazienti con tessuti parodontali ridotti, ma sani, può essere intrapreso
senza peggiorare la situazione parodontale iniziale, qualora i movimenti siano effettuati dopo
un’attenta diagnosi ed eseguendo un corretto protocollo.
Nei casi in cui la terapia venga effettuata in maniera adeguata, non si evidenzierebbe una
significativa perdita di attacco, anzi, in alcuni casi, la terapia ortodontica si dimostrerà in grado di
migliorare la situazione parodontale, soprattutto quando integrata con trattamenti parodontali
specifici. Buoni risultati sono legati alle procedure impiegate ed, in particolare, all’utilizzo di forze
leggere, al mantenimento di un’adeguata igiene orale, al controllo della flogosi ed all’eliminazione
di eventuali interferenze funzionali.
Al contrario, in soggetti con parodontopatia attiva ed in presenza di trauma occlusale, il movimento
ortodontico può accelerare i processi distruttivi a carico del parodonto, anche quando il paziente è in
grado di mantenere una buona igiene orale.
Si tratta, comunque, sempre di trattamenti complessi il cui esito è legato a fattori di carattere
individuale, che possono rappresentare un limite per il clinico nella scelta della biomeccanica
(sistemi di forze, possibilità di ancoraggio), nella valutazione del rischio parodontale (topografia
dell’osso alveolare), per quanto concerne l’evoluzione e la prognosi della parodontopatia, fino
all’incapacità del paziente di mantenere una corretta igiene orale.
Risulta, quindi, necessario che il paziente sia informato e consapevole di tali rischi prima dell’inizio
della terapia e sia in grado di assicurare una completa collaborazione.
Trattamenti interdisciplinari ortodontico-parodontali, sebbene più frequenti in età adulta, possono
comunque rivelarsi necessari anche in soggetti in fase di crescita, soprattutto in presenza di tessuti
parodontali sottili o su elementi sottoposti a traumatismo (es. errate tecniche di spazzolamento,
inversione dei rapporti vestibolo-linguali specie a carico dei denti frontali, etc.).
In tali situazioni il clinico, oltre a seguire le procedure diagnostico-terapeutiche dei trattamenti
convenzionali, dovrà anche attuare una mirata strategia per non aggravare e, se possibile, migliorare
la situazione parodontale preesistente.
• Preliminarmente all’applicazione di apparecchiature ortodontiche fisse risulta
opportuno trattare processi flogistici a carico dei tessuti parodontali e procedere
ad un attento monitoraggio dell’igiene orale del paziente, per tutta la durata del
trattamento.
• Una profilassi domiciliare deve essere affiancata ad una periodica profilassi
professionale, al fine di mantenere un buon livello di igiene orale.
• In presenza di problematiche parodontali, zone di accumulo di placca ed eventuali
traumi occlusali, anche correlati agli spostamenti dentali o a contatti prematuri,
potrebbero essere responsabili del peggioramento della patologia parodontale.
• In presenza di tessuti parodontali ridotti, ma sani, il trattamento ortodontico può
essere intrapreso senza che determini un peggioramento delle condizioni
parodontali iniziali. E’ necessario un adeguato approccio biomeccanico, l’utilizzo di
forze leggere, il mantenimento di un’adeguata igiene orale, il controllo della flogosi
e l’eliminazione di eventuali interferenze occlusali.
• Non è indicato il trattamento ortodontico in presenza di una parodontopatia in fase
attiva e di trauma occlusale, pur in presenza di una buona igiene orale; si evita in
tal modo il peggioramento del processo distruttivo a carico del parodonto.
• Il paziente deve essere dovutamente informato degli eventuali rischi correlati al
trattamento ortodontico e dell’importanza di un’adeguata collaborazione.
Bibliografia
Boyd RL, Leggot PJ Qinn RS, Eakle WS Chambers D. Periodontal implications of orthodontic treatment in adults with
reduced ornormal periodontal tissues versus those of adolescents. Am J Orthod Dentofacial Orthop 1989; 96:191-199.
Kessler M. Interrelationships between orthodontics and periodontics. Am J Orthod Dentofacial Orthop 1976;70:154-
72.
Loe H, Anerud A, Boysen H, Morrison E. Natural history of periodontal disease in man. J Clin Periodontol 1986;13:
431-45.
Melsen B, Agerbaek N, Erikson J, Terp S. New attachment trough periodontal treatment and orthodontic intrusion. Am
J OrthodDentofacial Orthop 1988; 94:104-16.
Melsen B, Agerbaek N, Markenstam G. Intrusion of incisors in adult patients with marginal bone loss. Am J Orthod
DentofacialOrthop 1989; 96:232-41.
Ong MA, Wang HL. Periodontic and orthodontic treatment in adults. Am. J Orthod Dentofacial Orthop 2002;122:420-
428.
Papanou PN, Wennstrom JL, Grondahl K. A 10-year retrospective study of periodontal disease progression. J Clin
Periodontol 1989;16:403-11.
Sanders NL. Evidence-Based care in orthodontics and periodontics: a review of literature. JADA, 1999;130: 521-527.
Zachrisson BU. Tooth movements in periodotally compromised patient In Lindhe J , Karring T, Lang NP “Clinical
Periodontology andImplant Dentistry”. 5th Edition. Ed. Wiley, 2006.
Ortodonzia ed implantologia
Gli impianti endossei possono essere utilizzati come ancoraggio per movimenti ortodontici, come
supporto protesico in caso di assenza di elementi dentali per pregresse estrazioni, agenesie dentarie,
avulsioni post-traumatiche e come supporto protesico in caso di trattamenti ortodontici preprotesici,
in particolare in pazienti con problemi parodontali.
Le dimensioni dell’impianto e le finalità ne condizionano la scelta; dovrebbero sempre essere
congruii con la quantità di osso disponibile e con il piano di trattamento.
L’ancoraggio ortodontico è definito come la resistenza offerta ai movimenti dentali indesiderati.
Qualsiasi procedura ortodontica, che preveda l’applicazione di un impianto come ancoraggio, non
comporterà alcun movimento indesiderato (forza di reazione o perdita di ancoraggio). La forza
applicata si esplicherà completamente sul dente o su gruppi di denti da spostare: si realizza una
situazione ideale definita “ancoraggio assoluto”.
L’ancoraggio ortodontico può essere realizzato tramite mini-viti intraossee, dispositivi di
“ancoraggio temporaneo”, che possono essere inserite nel tessuto osseo. A queste vengono applicate
trazioni per ottenere spostamenti dentali con il vantaggio biomeccanico del “massimo ancoraggio”.
Risultano differenti per finalità e protocollo d’inserzione rispetto agli impianti convenzionali.
Possono essere inserite in zona interradicolare o apicale, non comportano osteointegrazione e,
pertanto, dopo aver sortito il movimento ortodontico desiderato, possono essere facilmente rimosse.
Gli impianti convenzionali, invece, vanno incontro ad osteointegrazione e sono indicati come
ancoraggio rigido ortodontico-ortopedico, soprattutto nei casi di edentulia parziale associata a
malocclusione. In ambito ortodontico è possibile utilizzarli, sia come ancoraggio, che come
supporto per la successiva riabilitazione protesica. Il loro inserimento in spazi ridotti risulta
difficoltoso.
Le indicazioni all’utilizzo di impianti a scopo ortodontico sono:
• movimento di intrusione ed estrusione dentale con una riduzione delle complicanze e facilitazione
del movimento dentale (più idonee le mini-viti);
• chiusura degli spazi edentuli e, pertanto, si ha esclusione della necessità di riabilitazione protesica,
riduzione del rischio di lesioni endodontiche, miglioramento dell’igiene orale;
• riposizionamento di elementi dentari mal posti e, quindi, aumento dell’ancoraggio per uprighting,
con eventuale successivo utilizzo nelle zone edentule a scopo protesico;
• rinforzo dell’ancoraggio con la creazione del massimo ancoraggio (es. nell’arretramento del
gruppo frontale dopo estrazione o edentulia pregressa dei premolari);
• movimento ortopedico, sì ad es. possono accelerare la distrazione della sutura palatina mediana.
Esistono, comunque, delle controindicazioni all’utilizzo di impianti a scopo ortodontico quali:
• le limitazioni anatomiche (spazi ridotti);
• la quantità e qualità dell’osso non idonei;
• l’allungamento eccessivo dei tempi di trattamento, tenuto conto che la trazione ortodontica viene
intrapresa 3-4 mesi dopo l’inserimento degli impianti;
• l’aumento dei costi.
Nell’ambito della terapia ortodontica implantoprotesica, il trattamento pre-protesico/implantoprotesico
rappresenta una possibile soluzione in assenza di elementi dentali per pregresse estrazioni,
agenesie dentarie (singole o multiple), avulsioni post-traumatiche.
La terapia ortodontica pre-protesica deve prevedere la risoluzione dell’eventuale malocclusione ed
apertura e/o mantenimento degli spazi necessari per la successiva riabilitazione implantoprotesica,
ponendo attenzione all’inclinazione delle radici degli elementi dentali ed un’attenta valutazione e
gestione di overjet ed overbite. La terapia implantoprotesica ha un ruolo di primo piano nella
sostituzione di denti singoli. Le protesi mobili tradizionali possono essere riservate alla risoluzione
dei casi di agenesie multiple, in particolare in soggetti affetti da sindromi complesse in età
evolutiva, procrastinando all’età adulta soluzioni definitive.
La terapia implantare deve, comunque, essere accuratamente valutata e programmata, tenendo conto
di diversi fattori quali:
• il rischio-beneficio (in particolare della procedura chirurgica);
• l’età del paziente;
• lo stato di sviluppo del complesso dento-maxillo-facciale;
• lo spazio disponibile (si deve tener conto, ad esempio, che occorrono circa 7-8 millimetri per la
sostituzione di un secondo premolare e che risulta preferibile valutare le dimensioni del
controlaterale in caso di agenesia dell’incisivo laterale superiore; inoltre, in presenza di un laterale
conoide, deve essere considerato uno spazio paria circa i due terzi della larghezza dell’incisivo
centrale);
• lo spazio inter-radicolare (in genere occorre almeno un millimetro di spazio per lato oltre al
diametro dell’impianto);
• le caratteristiche del sito implantare (dal momento che possono verificarsi riassorbimenti atrofici
del processo alveolare nelle zone agenesiche, si potrebbe configurare la necessità di innesti e/o di
procedure di rigenerazione tissutale).
Nei quadri di avulsione traumatica di uno o più elementi dentari e dislocazione parziale di elementi
contigui si può rendere necessario sia un eventuale intervento ortodontico di riposizionamento e
fissazione degli stessi che la sostituzione protesica degli elementi avulsi, con procedure
implantoprotesiche, se il soggetto è adulto.
Nel paziente in crescita si possono adottare soluzioni protesiche temporanee di tipo tradizionale,
procrastinando la terapia protesica o implantoprotesica a termine crescita.
In presenza di contestuale patologia parodontale e di edentulia parziale può essere necessario, dopo
iniziale terapia parodontale, un trattamento ortodontico finalizzato al riallineamento in arcata di
elementi dentali migrati e la creazione di adeguati spazi per la sostituzione degli elementi mancanti
con procedure protesiche o implantoprotesiche.
• La programmazione terapeutica deve prevedere indicazioni, modalità e timing
dell’intervento ortodontico ed implantoprotesico, ponendo attenzione in particolare
alle finalità dell’intervento implantologico nel complessivo assetto occlusale, che deve
essere procrastinato, comunque, a termine di crescita.
• L’uso di mini-viti, utilizzate come dispositivi d’ancoraggio extra-dentale, può
rappresentare una soluzione utile che necessita, preliminarmente, di un approfondito
iter diagnostico, una circostanziata programmazione terapeutica e del consenso del
paziente.
Bibliografia
Baumgaertel S. Orthodontic implantology: a revolutionary approach to high-anchorage orthodontics. Gen Dent
2009;57(4).410-4.
Deguchi T, Takamo–Yamamoto T, Kanomi R,Hartsfield JK jr, Roberts WE, Garetto LP. The use of small titanium
screws fororthodontic anchorage. J Dent Res 2003 82:377.
Deryckere F, Neyt L, Abeloos J, De Clercq C, Mommaerts M, De Mot B. Treatment of a congenitally missing upper
lateral incisorwith an implant Rev Belge Med Dent 2001;56:30-4.
235
Fuiwara T, Nakano K, Sobue S. Simultaneous occurrence of unusual odontodysplasia and oligodontia in the permanent
dentition:report of a case Journal of Paediatric Dent. 2000:10; Issue 4;341.
Goodracre, Brown DT , Roberts WE and Jeiroudi T. Prosthodontic considerations when using implants for orthodontic
anchorage.Journal of Prosth.Dent. 1997; 77( 2) .
Gotta S, Sarnachiaro GO, Tarnow DP. Distraction osteogenesis and orthodontic therapy in the treatment of
malpositionedosseointegrated implants: a case report. Pract Proced Aesthet Dent 2008;20:401-5.
Justens E, De Bruyn H. Clinical outcome of mini-screws used as orthodontic anchorage. Clin Implant Relat
Res.2008;10:174-80.
Huang LH, Shotwell JL, Wang HL. Dental implant for orthodontic anchorage Am J Orthd Dentofacial Orthop
2005;127:713-22.
Mc Millan AS, Nunn JH Postlethwaite KR. Implant-supported prosthesis in a child wit hereditary mandibular
anodontia: the use ofball attachments International Journal Dentistry 1998;8:65-69.
Nordgarden H , Jensen JL, Storhau K. Oligodontia is associated with extra –oral ectodermal symptoms and low whole
salivary flowrates Oral Disease 2001; 7: Issue 4;226.
Renouard F, Nguyen-Gauffre MA. Implant and orthodontic. Orthod Fr 1997;68:161-70.
Tatli U , Kurkcu M, Cam OY, Buyukyilmaz T. Autotrasplantation of impacted teeth: a report of 3 cases and review of
the literatureQuintessence Int . 2009; 40: 589-95.
Fonte:
RACCOMANDAZIONI CLINICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA
Ministero della Salute (GENNAIO 2014) Dipartimento della sanità pubblica e dell’innovazione
Pagg. 200-235

Orario di apertura

Lun-Ven
10:00 am - to - 19:30pm
Si riceve per appuntamento

Google Maps

STUDIO DENTISTICO DOTT.SSA VIRA PALAZZO

Via Baldo Degli Ubaldi 15 - 00167 Roma (RM)
Iscritta all'Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e Odontoiatri con Numero d'ordine 4237 - P.I. 07561771002

virapalazzo@yahoo.it

3489120039

© 2019 Vira Palazzo - powered by Angelo Rizzo

Usiamo i cookie per fornirti la miglior esperienza d'uso e navigazione sul nostro sito web.

Puoi trovare altre informazioni riguardo a quali cookie usiamo sul sito o disabilitarli nelle .

Studio Dentistico dott.ssa Vira Palazzo
Powered by  GDPR Cookie Compliance
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.

Cookie strettamente necessari

I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.

Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.