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Parodontologia

PARODONTOLOGIA –
La parodontologia è una disciplina di area odontoiatrica che si occupa della promozione della
salute dell’individuo attraverso la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle patologie che
colpiscono i tessuti di supporto dei denti e degli impianti.
I tessuti di supporto dei denti sono la gengiva, il legamento parodontale, il cemento radicolare e
l’osso alveolare propriamente detto. I tessuti di supporto degli impianti sono la mucosa
perimplantare, l’osso alveolare e l’osso basale.
Lo scopo principale della parodontologia è preservare la dentatura naturale e, quindi, la funzione
masticatoria, la fonazione e l’estetica dei pazienti; nel caso di elementi dentari da estrarre o
estratti si occupa della loro sostituzione mediante impianti.
Le malattie parodontali, così come quelle perimplantari, sono provocate da alcune specie
batteriche, sono influenzate nel loro decorso e gravità da numerosi fattori locali e sistemici e
sono strettamente legate ad alcuni stili di vita. Esistono, altresì, correlazioni tra le parodontiti ed
importanti patologie sistemiche quali le malattie cardiovascolari e le malattie dismetaboliche.
Esistono anche correlazioni con la nascita di bambini pretermine e/o sottopeso.
E’possibile distinguere gengiviti e parodontiti; le malattie che colpiscono i tessuti perimplantari
comprendono, invece, le mucositi perimplantari e le perimplantiti.
• Le gengiviti interessano la gengiva marginale ed, eventualmente, quella aderente; sono
caratterizzate da eritema del margine gengivale, edema, sanguinamento al sondaggio e,
talvolta, aumenti di volume (per assunzione di farmaci, da cause sconosciute o da
tumori); sono reversibili e possono precedere una parodontite.
In presenza di impianti, è possibile l’insorgenza di mucosite perimplantare che è
un’infiammazione reversibile a carico dei tessuti molli senza perdita di supporto osseo.
• Le parodontiti sono caratterizzate dalla distruzione dell’apparato di supporto dei denti;
si manifestano con perdita di attacco clinico e di osso, formazione di tasche e, talvolta, di
recessioni. Segno caratteristico della parodontite è la perdita di attacco connettivale. La
distruzione dei tessuti di sostegno dei denti causata da una parodontite è nella maggior
parte dei casi irreversibile. Sono classificate, secondo l’American Academy of
Periodontology (1999), in aggressiva, cronica e necrotizzante.
In presenza di impianti, qualora il processo infiammatorio colpisca i tessuti perimplantari
di sostegno si manifesta una perimplantite con perdita progressiva di tessuto osseo di
supporto.
I valori di prevalenza delle malattie parodontali nella popolazione italiana sono molto alti (circa
80%) mentre quelli delle parodontiti gravi sono del 15% circa.
La prevalenza della patologia perimplantare è di circa il 50% dei siti (80% dei soggetti) per le
mucositi e di circa il 12-40% dei siti (56% dei soggetti) per le perimplantiti (Sixth European
Workshop on Periodontology, 2008).
• È possibile effettuare una efficace ed efficiente prevenzione primaria delle malattie
parodontali.
Studi clinici dimostrano che una gran parte dei pazienti affetti da parodontite
mantengono i propri denti per tutta la vita, se sottoposti ad adeguata terapia. Nei
pazienti in cui la terapia non è efficace la progressione della malattia può solo essere
rallentata.
• Anche per le malattie perimplantari è possibile effettuare un’efficace ed efficiente
prevenzione primaria.
Allo stato attuale l’unico presidio terapeutico disponibile per controllare l’infezione dei
tessuti peri-implantari è la strumentazione meccanica sia non chirurgica che chirurgica.
Nel caso delle mucositi perimplantari questo trattamento risolve il quadro clinico
infettivo-infiammatorio, nel caso delle perimplantiti i risultati a lungo termine sono
ancora in fase di valutazione.
Diagnosi e terapia parodontale
La diagnosi e la terapia parodontale si articolano in varie fasi come illustrato nella Tabella 1
riportante l’Albero decisionale.
DIAGNOSI
SALUTE GENGIVITE PARODONTITE
PREVENZIONE
PRIMARIA
TERAPIA
CAUSALE
TERAPIA
CAUSALE
RIVALUTAZIONE
(Nodo 1)
TERAPIA
CHIRURGICA
PARODONTALE
E/O
IMPLANTARE
(Nodo 2)
SUCCESSO
SI
SI
NO
NO
SUCCESSO
RIVALUTAZIONE
(Nodo 3)
TERAPIA DI
SUPPORTO
PARODONTALE
TERAPIA
FARMACOLOGICA DI
SUPPORTO
RITRATTAMENTO
NO
Tabella1 (albero decisionale SIdP)
= Terapia farmacologica
La diagnosi parodontale deve essere fatta interpretando ed elaborando i dati derivanti
dall’anamnesi e dall’esame obiettivo integrati, se indicato, da esami radiografici e da esami di
laboratorio.
L’anamnesi è volta alla ricerca di quei fattori di rischio che possono influenzare l’insorgenza e la
progressione delle malattie parodontali e perimplantari: scarsa igiene orale, familiarità, fumo di
tabacco, alcuni farmaci che influenzano gli aumenti di volume gengivale (es. nifedipina,
difenilidantoina, ciclosporina), il diabete, i deficit immunitari congeniti o acquisiti, alcune
malattie sistemiche rare (Sindrome di Papillon Lefevre).
La perimplantite riconosce quale ulteriore fattore di rischio la parodontite.
In corso di esame obiettivo, con l’ispezione si valuta la formula dentaria e il numero di elementi
dentari persi in relazione all’età, la morfologia, il volume, il colore e la consistenza della
gengiva, delle mucose e delle strutture annesse, la presenza di placca batterica, la presenza di
fattori ritentivi di placca (tartaro, carie, restauri incongrui, malposizioni dentarie), eventuali
migrazioni dentarie. Va, quindi, ricercata l’eventuale mobilità dentale e posta diagnosi
differenziale con altre cause di ipermobilità, come il trauma occlusale, le lesioni di origine
endodontica, il trattamento ortodontico in atto. In caso di impianti, la mobilità indica la completa
perdita di osteointegrazione ed impone la rimozione dell’impianto stesso.
Una corretta diagnosi parodontale non può prescindere dal sondaggio che é la principale
manovra diagnostica per valutare lo stato di salute o di malattia dei tessuti parodontali. Viene
effettuato mediante una sonda parodontale, applicando una forza leggera, lungo tutta la
circonferenza di ogni elemento dentale fra dente e gengiva. Permette di rilevare la profondità di
penetrazione della sonda all’interno di solchi gengivali e/o tasche parodontali (PD), il livello di
attacco clinico (CAL), le lesioni delle forcazioni, il sanguinamento marginale (GBI) e al
sondaggio (BOP), la presenza di tartaro subgengivale e/o di restauri incongrui. Questi dati
vanno registrati nella documentazione clinica del paziente.
In presenza di impianti va effettuato il sondaggio perimplantare. Il sondaggio perimplantare
viene effettuato secondo le stesse metodiche del sondaggio parodontale, con una forza leggera.
Permette di rilevare la profondità di penetrazione della sonda all’interno del solco e/o della tasca
perimplantare (PD), il sanguinamento marginale e al sondaggio (BOP). Registrazioni del PD e
del BOP vanno effettuate all’inizio della terapia di mantenimento ed almeno annualmente per
consentire la diagnosi precoce di malattie perimplantari.
Al fine di ottenere ulteriori informazioni indispensabili alla diagnosi e/o alla formulazione del
piano di trattamento si rende necessario l’esame radiografico endorale periapicale. In
particolare, esso fornisce utili elementi per la valutazione dei tessuti duri parodontali e
perimplantari. Gli esami radiografici devono essere effettuati sempre nel rispetto del principio di
giustificazione ed ottimizzazione. La valutazione del livello dell’osso di supporto perimplantare
viene effettuata radiograficamente all’inizio della terapia di mantenimento e, successivamente,
quando vi sia il sospetto clinico di perimplantite.
A volte, in relazione ai dati anamnestici, alle condizioni sistemiche e all’esame obiettivo
parodontale del soggetto sono indicati esami ematochimici. Nei soggetti in cui la diagnosi
parodontale faccia emergere la presenza di parodontiti molto gravi, soprattutto nelle forme
aggressive o associate a patologie sistemiche, possono essere indicati esami microbiologici ed
immunologici. In queste particolari situazioni cliniche i test microbiologici possono risultare
utili per orientare la terapia antimicrobica. Le analisi colturali sono gli unici esami
microbiologici che permettono di effettuare un antibiogramma. La positività dell’esame, che è
sito-specifico, indica un aumento del rischio di malattia pur non indicando con certezza che la
lesione sia in evoluzione; l’assenza di specie patogene nelle tasche indica, invece, una situazione
di stabilità del sito. I test immunologici (numero e funzionalità dei PMN, tasso anticorpale)
possono essere di ausilio diagnostico e prognostico nei soggetti in cui si sospetta un deficit della
funzione immunitaria. L’impiego dei suddetti esami di laboratorio è giustificato nel caso in cui il
loro esito possa fornire ulteriori elementi utili per la formulazione della diagnosi e del piano di
trattamento.
In considerazione di quanto sopra, l’attenta raccolta di dati anamnestici di concerto con un
approfondito esame obiettivo, integrato, ove necessario, da esami radiografici e di laboratorio,
consente la corretta valutazione dello stato parodontale dell’individuo che può portare a
distinguere:
1. uno stato di salute;
2. un quadro clinico di gengivite;
3. un quadro clinico di parodontite.
• Quando è presente uno stato di salute parodontale è opportuno attuare un
programma di prevenzione primaria mirato alla conservazione dello stesso.
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• In caso di diagnosi di gengivite e/o parodontite la terapia eziologica non chirurgica è
il trattamento di base.
La terapia eziologica non chirurgica (terapia causale) comprende:
1. informazione, istruzione e motivazione del paziente al controllo di placca in
sede domiciliare e dei fattori di rischio per le patologie orali e parodontali;
2. trattamento meccanico della superficie dentaria (sopra e sottogengivale);
3. eliminazione dei fattori ritentivi di placca.
L’informazione del paziente comprende una serie di indicazioni sulla storia clinica della
malattia parodontale e perimplantare, partendo dall’osservazione del cavo orale e
spiegando i metodi diagnostici e i protocolli terapeutici utilizzati dall’odontoiatra.
Particolare attenzione deve essere data ad alcuni aspetti comportamentali in modo da
influire sui fattori di rischio potenzialmente modificabili, quali il fumo (counseling
antifumo), l’alimentazione scorretta, l’esercizio fisico insufficiente. Il paziente va,
inoltre, informato sulla necessità di trattamento delle patologie sistemiche, ove presenti,
correlate o meno con la malattia parodontale. Il clinico deve cercare di fornire a ciascun
paziente un modello comportamentale riguardante l’igiene orale personale adeguato alle
sue necessità.
Le istruzioni di igiene orale devono riguardare le metodiche appropriate di rimozione
meccanica della placca batterica dal cavo orale, l’utilizzo di spazzolino e strumenti per la
pulizia delle superfici approssimali. Il controllo meccanico della placca sopragengivale
può essere affiancato da un controllo chimico con antisettici, tenendo però in
considerazione il fatto che, a lungo termine, si può avere la comparsa di effetti
indesiderati. La clorexidina è l’agente antiplacca più efficace e trova indicazione come
supporto nella terapia attiva e quando il paziente non è in grado di eseguire efficacemente
le manovre di igiene orale meccaniche.
Il trattamento meccanico per la rimozione della placca batterica e del tartaro
sopragengivale e sottogengivale con metodiche di detartrasi o scaling e levigatura
radicolare o root planing può essere effettuato con l’utilizzo di strumenti manuali, ad
ultrasuoni e sonici.
L’efficacia dei suddetti tipi di strumenti per quanto riguarda la rimozione dei depositi
duri e molli si è dimostrata sovrapponibile.
La superficie dentaria viene, pertanto, resa biologicamente compatibile con la salute dei
tessuti parodontali.
Si possono avere effetti secondari quali una batteriemia transitoria e ipersensibilità
dentale.
Una volta rimossa la placca ed il tartaro, è necessario eseguire la lucidatura e la rifinitura
delle superfici dentali.
In presenza di fattori ritentivi di placca, sopragengivali e sottogengivali, quali otturazioni
e margini protesici incongrui e carie, è necessario procedere alla loro eliminazione al fine
di favorire le manovre di igiene orale e ristabilire un’anatomia dento-gengivale idonea
per un ottimale controllo di placca.
I risultati attesi dalla terapia causale includono il miglioramento del livello di
collaborazione e motivazione del paziente, la riduzione significativa e stabile della
quantità di placca batterica e tartaro depositati sulle superfici dentali (idealmente al di
sotto del 20%), l’eliminazione o riduzione dei segni clinici di infiammazione marginale
(eritema, edema e sanguinamento), la riduzione del sanguinamento al sondaggio -BOP-
(idealmente al di sotto del 20%), la riduzione della profondità di sondaggio -PD- , il
guadagno del livello clinico di attacco -CAL- e la recessione del tessuto marginale -REC.
La maggior parte dei pazienti affetti da gengivite e parodontite può essere trattata con
successo stabile nel tempo mediante terapia non chirurgica associata ad una efficace
terapia di supporto.
Si considerano utilizzabili vari protocolli di terapia meccanica non chirurgica (terapia
causale), ma si ribadisce la necessità di provvedere, nella medesima seduta, se possibile,
alla rimozione dei fattori eziologici sia sopra che sottogengivali presenti nel settore
trattato.
In relazione alle condizioni del paziente, la terapia eziologica non chirurgica può essere
programmata con un numero variabile di appuntamenti, organizzati in sedute concentrate
nel minor tempo possibile per evitare la reinfezione dei siti trattati a causa dei batteri
presenti nei siti ancora da trattare. In alternativa, quando indicato, è possibile
programmare la cosiddetta “Full Mouth Disinfection” in una o due sedute distanziate
nell’arco di 24/48 ore.
La terapia eziologica non chirurgica è efficace nell’eliminare l’infiammazione
(sanguinamento al sondaggio) in caso di mucosite perimplantare, mentre, in caso di
perimplantite, è caratterizzata da risultati non prevedibili.
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• Dopo la terapia causale, è necessaria la rivalutazione del paziente parodontale.
La rivalutazione del paziente consente la verifica del raggiungimento o meno del
successo terapeutico atteso.
Indicatori di successo sono la riduzione della quantità di placca batterica fino al limite
teorico di zero (non può comunque essere accettata una quantità di placca batterica
residua superiore al 20 %), la riduzione del sanguinamento al sondaggio fino al limite
teorico di zero (non può, comunque, essere accettato un sanguinamento residuo superiore
al 20% ) e la riduzione della profondità di sondaggio. La riduzione della profondità di
sondaggio, in seguito a terapia non chirurgica, dipende, in gran parte, dalla profondità
iniziale delle tasche (la profondità di sondaggio ottimale non deve essere superiore ai 4
mm).
Il paziente che raggiunge questi obiettivi e che, pertanto, non necessita di terapia
chirurgica sarà inserito in un programma di terapia di supporto parodontale per
mantenere i risultati raggiunti, motivandolo, in maniera continuativa, all’adozione di stili
di vita corretti.
La terapia di supporto consiste in sedute, programmate periodicamente, di controllo
parodontale e perimplantare completate, se necessario, da un nuova raccolta dei dati
clinici e da una nuova fase di terapia attiva.
• In caso di mancato raggiungimento dei risultati di successo terapeutico è
opportuno ripetere, per intero o in parte, la fase terapeutica causale e/o meccanica
non chirurgica.
• L’opportunità di effettuare terapia chirurgica va valutata tenendo conto di taluni
parametri: presenza di tasche con profondità di sondaggio uguale o maggiore di 5 mm;
alterazione dell’architettura gengivale ed ossea; presenza di lesioni delle forcazioni di II e
III classe; necessità di ricostruire o rigenerare il supporto parodontale; necessità di
modificare la posizione e/o il volume della gengiva; presenza di elementi dentali
irrecuperabili che richiedono un trattamento implanto-protesico.
• La scelta della tecnica chirurgica si baserà, a discrezione del clinico, sulla
valutazione delle indicazioni e dei risultati attesi delle diverse procedure.
La terapia chirurgica parodontale, in qualsiasi sua forma, presuppone che il paziente sia
motivato a mantenere un adeguato controllo di placca (indice di placca ed indice di
sanguinamento non superiori al 20%) e che le condizioni generali di salute siano tali da
non controindicare l’intervento chirurgico.
Il trattamento chirurgico deve essere considerato come un mezzo aggiuntivo alla terapia
meccanica non chirurgica (terapia causale).
Le diverse tecniche chirurgiche devono essere valutate primariamente in base alla loro
capacità di ridurre le tasche profonde e correggere quelle condizioni che favoriscono
l’accumulo di placca batterica, quali le alterazioni dell’architettura gengivale ed ossea o le
lesioni delle forcazioni. Inoltre, è da tenere in debita considerazione il fatto che tasche
con profondità al sondaggio uguali o maggiori di 5mm hanno un rischio di recidiva 12
volte maggiore rispetto a siti con un sondaggio minore o uguale a 4mm; una tasca con un
sondaggio maggiore di 5mm rappresenta un fattore di rischio di perdita del dente 8 volte
maggiore rispetto a siti con un sondaggio minore o uguale a 3mm; denti pluriradicolati
con lesioni delle forcazioni di II e III grado, hanno un rischio fino a 14 volte maggiore di
essere persi rispetto a denti senza lesioni delle forcazioni.
• Lo scopo primario della terapia chirurgica deve essere quello di facilitare l’igiene
orale domiciliare istaurando una morfologia gengivale, ossea e dentale che consenta
di raggiungere questo obiettivo.
Le procedure chirurgiche idonee a modificare l’anatomia gengivale/ossea/dentale sono:
• Lembo di accesso: è un mezzo aggiuntivo alla terapia eziologica non chirurgica
ed il primo trattamento chirurgico che può essere indicato in caso di tasche con
profondità di sondaggio uguale o superiore a 5 mm, con o senza BOP positivo,
che residuano dopo il completamento della terapia eziologica non chirurgica.
Questa metodica chirurgica facilita l’accesso alle radici per una migliore
rimozione del tartaro sub gengivale e per modificare l’ambiente microbiologico
della zona.
I dati in letteratura evidenziano che in presenza di tasche con profondità di
sondaggio ≥5 mm, con o senza BOP positivo, esiste un maggior rischio di
progressione della patologia.
Questo lembo può essere anche utilizzato in caso di perimplantite al fine di
garantire l’accesso alla superficie implantare per poter attuare il debridement e la
decontaminazione della superficie implantare ed ottenere la risoluzione
dell’infiammazione. I dati scientifici riguardanti il successo di tale trattamento
sono, tuttavia, ancora limitati.
I risultati attesi del lembo di accesso sono la riduzione o assenza del
sanguinamento al sondaggio, la riduzione della profondità di sondaggio, il
guadagno del livello di attacco clinico, la recessione del tessuto marginale.
• La chirurgia resettiva (gengivale, ossea e radicolare) deve essere considerata
come un trattamento finalizzato all’eliminazione della tasca ed alla creazione di
una morfologia gengivale, ossea e dentale tesa a favorire un controllo agevole ed
efficace dell’accumulo di placca batterica. E’ indicata, in particolare, nel
trattamento degli aumenti di volume gengivale e di volume osseo, delle lesioni
intraossee ≤ 3 mm e delle lesioni delle forcazioni di II e III classe. La chirurgia
ossea resettiva può essere anche utilizzata per ripristinare la dimensione biologica
e ottimizzare l’esecuzione di restauri conservativi e protesici.
I risultati attesi dalla terapia resettiva sono l’assenza di sanguinamento al
sondaggio, una profondità di sondaggio ≤ 3mm, un allungamento della corona
clinica ed una stabilità del tessuto marginale dopo maturazione dei tessuti
• La chirurgia ossea rigenerativa serve per ottenere la rigenerazione di tessuto di
supporto attorno ad elementi dentari gravemente compromessi dalla malattia
parodontale. Le procedure più affidabili ed efficaci sono la rigenerazione tissutale
guidata (GTR) mediante l’applicazione di una barriera fisica (rigenerazione
tissutale mediante membrana) e la rigenerazione biologicamente indotta mediante
amelogenine (ITR).
È possibile ottenere guadagno di tessuto di supporto anche mediante l’utilizzo di
innesti di osso autologo o di biomateriali.
Le procedure chirurgiche rigenerative possono essere applicate con risultati clinici
prevedibili nei difetti intraossei superiori ai 3 mm e caratterizzati da una
morfologia idonea alla rigenerazione dei tessuti parodontali.
I risultati attesi della terapia rigenerativa includono la riduzione della profondità di
sondaggio, il guadagno del livello clinico di attacco e la recessione del tessuto
marginale.
• La chirurgia muco-gengivale comprende l’insieme delle procedure atte alla
correzione di difetti di morfologia, posizione e/o quantità dei tessuti molli
parodontali. Questi difetti possono essere trattati con interventi a lembo o con
innesti tissutali. Le indicazioni principali sono la copertura delle superfici
radicolari esposte o l’incremento di altezza e spessore del tessuto gengivale per
esigenze funzionali, estetiche, protesiche od ortodontiche.
I risultati attesi della terapia mucogengivale includono il guadagno del livello
clinico di attacco (copertura radicolare), l’eliminazione o la riduzione delle
recessioni del tessuto marginale (copertura radicolare), l’incremento dell’altezza e
dello spessore del tessuto cheratinizzato.
Nell’ambito della terapia chirurgica va considerato il trattamento implantoprotesico
che si basa su principi parodontali come il rispetto della dimensione
biologica (altezza e morfologia della componente transmucosa) e la possibilità di
un’adeguata igiene orale (distanza inter-implantare, morfologia e superficie della
struttura protesica), premesse queste per la salute dei tessuti molli perimplantari.
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• Al termine della terapia chirurgica è necessaria un’ulteriore rivalutazione del
paziente per accertare il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Quando gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti il paziente deve essere inserito in un
programma di supporto parodontale.
Il paziente in terapia di supporto parodontale dovrà essere periodicamente rivalutato per
accertare la stabilità dei risultati raggiunti con la terapia. L’evidenza di segni clinici di
recidiva di malattie parodontali e/o perimplantari (mancanza di stabilità dei risultati
ottenuti con la terapia attiva) rende necessario un maggiore approfondimento diagnostico
ed eventuale ulteriore terapia.
La terapia di supporto è parte integrante della terapia parodontale ed implantare.
L’obiettivo principale che essa si prefigge è controllare nel tempo l’accumulo di placca,
al fine di prevenire eventuali recidive.
L’assenza dei segni clinici associati alle malattie parodontali e perimplantari è il criterio
essenziale perché un paziente possa essere inserito e mantenuto in un programma di
terapia parodontale ed implantare di supporto.
Le procedure diagnostiche consistono nel rilievo della presenza di placca batterica, della
presenza di nuovi fattori di rischio legati al paziente e di segni clinici associati alle
malattie parodontali.
Le procedure terapeutiche si fondano essenzialmente sulla rimozione della placca
batterica e del tartaro sopra e sottogengivale e sulla modificazione del comportamento
igienico orale del paziente, ove necessario (Istruzione e motivazione; ablazione tartaro;
terapia causale).
La ricomparsa dei segni clinici associati alle gengiviti ed alle parodontiti rappresenta
l’indicazione perché il paziente sia sottoposto ad una fase terapeutica attiva (ablazione
tartaro; terapia causale; terapia chirurgica parodontale).
I pazienti che si sottopongono a visite periodiche di controllo, con cadenza trimestrale,
possono mantenere a lungo termine la salute ottenuta con la terapia attiva. In ogni caso, la
frequenza delle visite di richiamo viene stabilita dal professionista, sulla base delle
esigenze individuali del paziente.
Nei pazienti con riabilitazioni implanto-protesiche è importante il controllo periodico.
Poichè le patologie perimplantari sono di difficile risoluzione, la possibilità di una loro
diagnosi precoce assume un valore ancora maggiore. Registrazioni di controllo della
profondità di sondaggio, BOP e suppurazione dovrebbero essere effettuate almeno
annualmente per consentire, mediante confronto con i valori iniziali, la diagnosi precoce
di malattia perimplantare. La valutazione radiografica del livello dell’osso di supporto
perimplantare deve essere effettuata all’inizio della terapia di mantenimento e,
successivamente, quando vi sia il sospetto clinico di perimplantite.
• Nelle diverse fasi terapeutiche di trattamento della malattia parodontale può
essere opportuno l’impiego di farmaci, somministrati per via sistemica o locale, a
supporto o integrazione della terapia meccanica.
La terapia farmacologica antimicrobica in parodontologia si giova dell’uso di antisettici
ed antibiotici.
La terapia antimicrobica sistemica prevede l’uso di antibiotici. L’obiettivo è ridurre la
carica dei microrganismi patogeni parodontali in caso di ascessi parodontali, parodontiti
aggressive, parodontiti refrattarie al trattamento meccanico, gengivite necrotizzante,
parodontite necrotizzante, perimplantite. Con l’eccezione delle infezioni acute, gli
antibiotici non devono essere somministrati senza una precedente terapia meccanica e in
assenza di un controllo ottimale della placca da parte del paziente.
Vari sono i regimi terapeutici, monoterapici o in associazione, proposti in letteratura nelle
diverse situazioni cliniche: tetracicline, metronidazolo, ciprofloxacina, amoxicillina +
acido clavulanico, clindamicina, metronidazolo + amoxicillina (risulta essere
l’associazione farmacologica clinicamente più efficace nelle parodontiti aggressive),
metronidazolo + ciprofloxacina (la ciprofloxacina può sostituire l’amoxicillina in caso di
allergia alle b-lattamine). La continua emergenza di specie batteriche antibioticoresistenti
rende necessaria una limitazione all’uso degli antibiotici per via sistemica in
terapia parodontale.
La terapia antimicrobica topica si basa sull’impiego di antibiotici ed antisettici ed ha lo
scopo di ridurre la microflora patogena in siti localizzati che non rispondono alla terapia
meccanica sia nelle parodontiti sia nelle perimplantiti. Prevede l’utilizzo di sostanze
antimicrobiche applicate localmente quali: metronidazolo, doxiciclina HCl, minociclina
HCl, piperacillina, clorexidina.
I risultati attesi della terapia farmacologica antimicrobica sono la riduzione della
profondità di sondaggio e del sanguinamento al sondaggio a medio termine.
I presidi antibatterici devono essere considerati ausili e non sostituti della terapia
meccanica convenzionale.
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RACCOMANDAZIONI CLINICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA
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